I eri pomeriggio, interno Ita: il Fiumicino-Elmas si ferma e dentro ciascun passeggero decolla il solito dibattito. Se sei seduto vicino al corridoio ti chiedi: perché si alzano tutti se ci vorrà ancora un bel po’ prima che aprano il portellone? Però siccome pensi che il tipo del posto centrale e quello del finestrino ti guardino con odio perché restando seduto li blocchi, ti alzi anche tu. E loro chiaramente restano seduti e ti guardano come un fesso. Se sei vicino al finestrino, viceversa, vorresti tanto alzarti ma gli altri due restano seduti. Se eri in mezzo detesti tutti e statisticamente non rilevi.

Comunque alla fine ci si trova tutti in piedi in una fila che d’un tratto scorre. Ma la signora davanti a te non si muove: potrebbe fare già tre, addirittura quattro passi ma sta leggendo i whatsapp arrivati mentre il telefono era in modalità aereo. Vorresti dirle delle cose acide ma d’un tratto alza lo sguardo, si rende conto e fila via. Attesa complessiva: 8 minuti. Tempo fatto perdere dalla lady: 7 secondi. Eppure ricorderai solo quelli. Noi accettiamo passivamente i tempi imposti dalle circostanze, ma ci fanno impazzire gli istanti sottratti da qualcuno o qualcosa di identificabile (un distratto o un autovelox). I 30 all’ora in città funzioneranno, e salveranno vite, se capiremo la differenza tra frustrazione e rapidità. Un test: controllate la velocità media del tratto casa-lavoro di oggi.

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