O rfana della Sartiglia e “crastule” allegate, Oristano ha tentato di rimuovere il mesto e deprimente lockdown esistenziale con la sua tagliente ironia. Merito del sindaco Andrea Lutzu che sui social, immortalato davanti a un ricco vassoio di ciambelle preparate dalla moglie, con gli auguri agli amici e alle amiche, ha poi spedito un sonoro “vaffa” a chi lo ha criticato per il gesto. Chieda scusa, strepitano i destinatari. Ma in fondo che male c'è? Il “vaffa” non è più la parolaccia di una volta, ormai è un termine come un altro, adoperato se vogliamo con poco stile ma correntemente e fin troppo abbondantemente in politica e nei salotti. Anche per la Cassazione il “vaffa” è entrato ormai nell'uso comune e pur rappresentando un concetto non proprio elegante ha perso il carattere offensivo di un tempo. È la terapia alla fretta che impone una risposta esplicita e diretta: quando ci vuole ci vuole. “Vaffa” è «absit iniura verbis», l'offesa lontana dalla parola tanto da aver dato fiato a un movimento politico del Paese, mica robetta da osteria. La mandata a quel paese va dunque presa con leggerezza, sia che arrivi ai concittadini dal sindaco o che, di rimbalzo, se la ritrovi addosso. A chi tocca non s'ingrugni: keep calm, calma. Tanto si sa: oggi a me, domani a te. La ruota gira.

ANTONIO MASALA
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