V engo anch’io. A Dino Giarrusso, ex Iena ed ex 5 Stelle, rispondono con Enzo Iannacci: no tu no. Il perché è chiaro. L’ex alla ricerca del futuro in cadrega Pd poteva certo immaginare che dopo tutto quello che di pessimo aveva sbandierato non gli avrebbero di certo steso il tappeto rosso. Le colombe come minimo pretendono le scuse, i falchi che in via Sant’Andrea delle Fratte a Roma non ci metta piede, neppure se dovesse giurare con la sinistra sul “Capitale” di Marx e con la destra su “Servire e non servirsi” di don Luigi Sturzo. Escludendo che Giarrusso ci abbia provato per aprire una breccia mediatica e vedere l’effetto che fa anche un cavallo di legno, vuoto, nello sbrecciato fortino Pd, la conclusione è che lì non si può entrare. Ma perché mai sbarrargli le porte? Che dire di D’Alema, Bersani e diversi altri compagni? Questi, senza neppure chiedere scusa per aver sbattuto la porta in faccia e brindato alla sconfitta del Pd di Matteo Renzi al referendum costituzionale, stanno per rientrare, fanfara in testa. Dino Giarrusso ha sproloquiato fin troppo ma merita le attenuanti perché se non altro stava dall’altra parte. Ma davvero l’ex Iena fa così tanta paura? O forse è il Pd che ha paura anche della sua ombra?

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