L e Mura leonine, baluardi della Città del Vaticano, che per secoli hanno protetto in un paradiso artificiale papi e prelati, non sono più un ostacolo all’invadenza della secolarità. Ciò che accade dietro il Portone di bronzo finisce senza filtri sui media e nella ribollita dei social, il calderone elettronico delle idee. Non ha trovato sbarramenti, infatti, la notizia che le redattrici di “Donne Chiesa Mondo”, rivista dell’Osservatore romano, si sono dimesse in blocco. Anche la direttrice Lucetta Scaraffia, femminista e docente di Storia contemporanea alla Sapienza, ha lasciato l’incarico. In una lettera a papa Francesco ha scritto: «Come ben sa, non siamo state noi a parlare per prime delle gravi denunce dello sfruttamento al quale numerose donne consacrate sono state e sono sottoposte sia nel servizio subordinato sia nell’abuso sessuale; ma lo abbiamo raccontato dopo che i fatti erano emersi grazie ai media». Le “consacrate” sono un torrente in piena e plaudono alle battaglie dei movimenti di protesta, talvolta estrema, come Metoo e Black Lives Matter. Si prevede perciò che torneranno all’abitudine, forse abbandonata, dell’inginocchiamento. Le monache come i calciatori, i calciatori come le monache; nei conventi come negli stadi. Anche nella Santa Sede il sacro si sta mischiando al profano.

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