S embra ormai cosa fatta la reunion dei fratelli Camplargher, oasi progressive in una scena pop dominata dai neomelonici.
Finora a bloccare tutto era stata la faida tra i due maschi: Matthew, oggi solista di nicchia ma un tempo frontman del gruppo e autore dell’indimenticabile “Henry be quiet”, e Joseph, convinto che «se oggi Matthew appare sul palco metà degli spettatori se ne va in auto ad ascoltare canti gregoriani sul telefonino». In mezzo Elly, che ha continuato a mediare, proponendo intanto il suo repertorio di delicate ballad acustiche come “Patience”, “Resilience”, “Difference”, “Mammachesofference” (scritta dopo una cena di Natale in cui Matthew urlava di essere l’unico musicista della famiglia e Joseph gli rinfacciava le esibizioni ai matrimoni sauditi).
In attesa di vedere come il pubblico ligure accoglierà la band (e come quello Usa valuterà la proposta soul-world music dei Kamalaonti) i discografici di casa nostra valutano stabile il filone nostalgico-sanremese, retto dall’onda lunga del singolo “Io sono Giorgia” e da molte cover da un passato che non passa, da “Azzurro” (miniera di diritti d’autore anche dopo la scomparsa del Paroliere) a “Un italiano vero” di Cutugno-Vannacci-Farinacci, passando per la rivisitazione country di “Nella vecchia fattoria” di Lollobrigida-Coldiretti-Cugini di campagna.

© Riproduzione riservata