M acché il migliore, il più autorevole, il più insigne. Macché. Nella prigione dorata del Colle, dove i secondini si chiamano corazzieri, vogliono rinchiudere la “Matta”. Che, nel gioco delle carte, è quella figura alla quale, anche se di poco o nessun conto, ognuno attribuisce il valore che più gli conviene. Anche il valore massimo. Come, fuor di metafora, è quello del presidente della Repubblica. Nel gioco del Quirinale si bleffa e si rilancia, ognuno protegge il proprio seme e la sua puntata. Per molti la posta è addirittura il proprio portafoglio. Se così non fosse avremmo avuto nell’albo d’oro soltanto dei De Nicola e degli Einaudi. Invece, a parte poche eccezioni, sono assurti alla massima carica personaggi di secondo piano, saltati fuori dal mazzo al termine di snervanti giri di mano, di parole e di compromessi. Oggi più che in passato la partita è taroccata. Dopo che i grilli hanno indotto gli onorevoli colleghi a ridurre il numero dei parlamentari imitando il gesto di Origene, che si fece eunuco per evitare le tentazioni della carne, quasi nessuno è sicuro della rielezione. Il ragionamento, quindi, è semplice e cinico: se eleggiamo quello che merita, per esempio Draghi, andiamo tutti a casa e addio pagnotta e companatico. Ecco perché si profila, dopo Mattarella, la “Matta”.

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