Q uando si ripetono costantemente, anche le assurdità non fanno più notizia. Dopo lo stravolgimento di Rigoletto e Traviata non ha suscitato il clamore che merita la rappresentazione alla Scala dell’opera di Giuseppe Verdi “I Vespri siciliani”. Ci stiamo assuefacendo al brutto; purché sia politicamente corretto. La vicenda, che si svolge a Palermo nel 1282, è stata attualizzata come la moda progressista impone. L’argentino Hugo De Ana, personaggio uno e trino essendo contemporaneamente regista, scenografo e costumista, ha messo in scena un’ardita trasposizione temporale di quell’evento storico medievale. Non ambiente e costumi del XIII secolo, non una ribellione contro il dominio francese in Sicilia, non i soldati transalpini con le divise dell’epoca, non i rivoltosi vestiti con abiti borghesi: troppo banale, ne sarebbe stato capace lo stesso Verdi. Vuoi mettere, invece, un’armata ferrigna di uomini con uniformi grigie, elmetti, pistole, fucili; e sfilze di soldati che trasportano bare, sacchi neri e urne in un’atmosfera plumbea di diffuso terrore. Il richiamo alla guerra ucraina è evidente. Sulla scena incombono minacciosi un carro armato e un cannone, il cui gran botto dà un colpo mortale alla musica. Indecifrabile la presenza di una Madonna che brandisce una pistola. Irriverente o cretino? Fate voi.

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