Né guerra né pace
Caffè Scorretto
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P eacekeepers. Da alcuni mesi questa parola ricorre quotidianamente nelle cronache dei giornali. Significa “forze di pace”, locuzione non conforme al linguaggio progressista, che è compulsivamente anglofono. Sabato scorso questo termine serpeggiava tra i convenuti in Piazza del Popolo a Roma: una chiamata “alle armi e al disarmo” della quale è stato promotore Michele Serra, giornalista di Repubblica. Ufficiale pagatore della manifestazione, per decisione del sindaco Pd Gualtieri, il Comune capitolino. Vi è confluita anche l’intellighenzia politica della sinistra che, nell’occasione, ha scoperto di essere divisa e confusa. Specialmente sul progetto di riarmo dell’Europa proposto da Ursula von der Leyen, che sta vestendo i panni della feldmarescialla UE. L’idea di armarsi per far diventare l’Europa militarmente indipendente dagli Stati Uniti è condivisibile; ma farlo di tutta fretta, senza un progetto strategico e senza avere prima attivato le necessarie sinergie fra gli stati da coinvolgere, pare una ripicca nei confronti del rodomonte della Casa Bianca. Al quale la coppia anglogallica dei “volenterosi” Starmer e Macron, che vagheggiano la follia di continuare il conflitto in Ucraina, vuole rendere impraticabile la via dei negoziati. É un’Europa indecisa a tutto. Non vuole la guerra non vuole la pace: perché non sa fare la guerra e non sa fare la pace.