M ichail Gorbaciov. Tenne la scena da protagonista sul palcoscenico mondiale per solo sei anni: dal 1985 al 1991. Furono gli anni, in gran parte per suo merito, in cui il mondo sembrò cambiare in meglio. Alcuni giganti della politica e uno della fede emersero con lui dal buio di un lungo periodo di conflitti, caldi e freddi, tra le due semisfere in cui il mondo si era spaccato. Mai c’era stata una congiunzione astrale tanto favorevole da farne comparire cinque nello stesso momento storico. Quattro statisti e un papa che, pur esercitando il suo sommo magistero, teneva d’occhio la politica. Gorbaciov nell’Urss, Reagan negli Stati Uniti, Margareth Thatcher in Inghilterra, Kohl in Germania, Karol Wojtyla nella piccola città-stato centro della cristianità. Tutti contribuirono a fare implodere il comunismo sovietico e a farne crollare l’architettura. Mentre il mondo libero delle democrazie occidentali plaudiva, nei sotterranei della Storia qualcuno versava lacrime. Fra gli altri Marco Rizzo, l’attuale segretario generale del Partito comunista da lui ricostituito in Italia. Giuntagli la notizia della morte di Gorbaciov, con gioia necrofila ha dichiarato: «Era dal 1991 che aspettavo di brindare». Deve essere ben triste la vita di un comunista che attende un funerale per stappare una bottiglia di vino.

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