“G li”, che si pronuncia con il suono di glicine, era l’acronimo di Gioventù liberale italiana. Quando mi ci iscrissi erano i tempi di Giovanni Malagodi e Francesco Cocco Ortu, campioni di democrazia e libertà. Ai giovani facevano da maestri i liberali più anziani, che avevano conosciuto e patito i morsi della dittatura fascista. Erano sorprendenti il loro distacco e la loro serenità nella rievocazione di fatti e misfatti di quel periodo. Tra loro c’era un professore di dottrine politiche, che più degli altri volava alto. Da lui apprendemmo le biografie di quegli intellettuali illuminati che avevano fatto la fronda al regime. Venimmo così a conoscenza delle nobili figure di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, che nell’isola di Ventotene, dove erano stati confinati, scrissero il «Progetto di un manifesto per la promozione dell’unità politica europea». Lo leggemmo e ci entusiasmò. Quel documento, ci spiegarono, stava idealmente all’origine della Comunità europea, che proprio in quegli anni emetteva i primi vagiti. Perché solo idealmente e non, anche, realmente? domandammo. Quel progetto, ci fu risposto, contempla la necessità di arrivare a uno stato democratico attraverso una dittatura provvisoria: pensiero aberrante. Dittatura provvisoria è una contraddizione: in termini e concettuale. Capimmo e condividemmo. Perché oggi c’è chi non condivide e non vuole capire?

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