Q uesta ci mancava. Non avendo niente di più urgente e importante da fare Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari, parlamentari del Pd, hanno presentato una proposta di legge per cambiare la dicitura “Camera dei deputati” in “Camera dei deputati e delle deputate”. La parità di genere che l’iniziativa vuole conseguire pare più formale che sostanziale. Se però ci avviamo su questa strada i linguisti dovranno affrontare scabrosi problemi. Per esempio: come rinominare l’Ordine dei Cavalieri del lavoro? Un bello spirito ha suggerito: Ordine dei cavalieri e delle cavallerizze del lavoro. Come alternativa: Ordine dei cavalieri e delle amazzoni del lavoro. La giostra delle scemenze, una volta messa in moto, non si fermerebbe più. Se, come proposto dal duo Girelli & Ferrari, il parlamento si occupasse di questo semiserio dilemma assisteremmo a scene da opera buffa. Non mancherebbe la mozione dell’asterisco che, se approvata, imporrebbe la scritta impronunciabile “Camera de* deputat*”. Secondo la nuova grammatica progressista i termini e le locuzioni non conformi alle regole della parità di genere vanno aboliti. Le parole vanno desessualizzate, liberate dalla loro desinenza. Devono apparire indeterminate, libere dal predominio patriarcale: una castrazione verbale per rendere la lingua politicamente corretta. O, visti gli esiti, politicamente corrotta.

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