L’altra condanna
Caffè Scorretto
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T ra tutti i “chissenefrega” quotidiani, ce n’è uno pericoloso: sulle prigioni. Quando i portoni si chiudono alle spalle di qualcuno, ancor più se innocente, inizia un dramma. E per chi è fuori continua un “nulla”. Appunto, chissenefrega, anche se le pessime condizioni carcerarie sono fabbriche di criminali più incalliti, non posti che insegnano a cambiare vita. Il luogo è una seconda condanna.
I penitenziari traboccano, si parla di costruirne altri senza mettere mano a quelli fatiscenti che già ci sono e i detenuti sono abbandonati al degrado: edilizio, morale e personale. Con loro, anche i sempre meno agenti di polizia penitenziaria.
Conviene a tutti, che chi entra in carcere ne esca risoluto a non tornarvi, allora gli si dia un’occasione. Riccardo Magi, segretario di +Europa, vuole legalizzare la cannabis: «Dei sessantamila detenuti, 28mila lo sono per piccoli reati di droga». Legalizzare quelle leggere, dice, manderebbe in rovina il narcotraffico e terrebbe i piccoli delinquenti di strada fuori dalle università del crimine: le carceri, appunto.
Poi Magi chiede che, nell’ultimo anno di pena, i detenuti vadano in piccole comunità e imparino un mestiere, così magari smettono di commettere reati. Già, perché in carcere s’impara solo a delinquere meglio. Anzi, peggio. Lo Stato ricicla i rifiuti, ma considera vuoti a perdere i detenuti. Sul serio, chissenefrega?