“P ena di morte, buttare le chiavi”. O, se volete: “In galera si vive da signori”: provare per giudicare, fu la risposta di uno che l’aveva frequentata da innocente. Frase che potrebbe urlare Beniamino Zuncheddu, condannato per “sbaglio” all’ergastolo e assolto dopo 32 anni di carcere. Ma che non può dire Kennet Eugene Smith, giustiziato in Alabama per aver assassinato nel 1988 una donna. La giuria aveva deciso per l’ergastolo, la mano d’acciaio del giudice batté invece il martelletto dell’esecuzione con l’uso della maschera ad azoto. In cinque stati americani 2.400 detenuti attendono il giorno dell’esecuzione, tutti colpevoli o qualcuno innocente come Beniamino Zuncheddu: chi lo può dire? La Giustizia in America come in Italia può sbagliare, la differenza la fa il finale: da noi la pena di morte è stata per grazia di Dio cancellata e l’errore, anche se a fatica e molto lentamente, se hai la fortuna di trovare un giudice ricco di scienza e di coscienza può essere riparato ma mai umanamente ripagato. Se l’incidente è frutto della superficialità e della voglia di chiudere comunque il caso chi sbaglia deve renderne conto. La giustizia italiana soffre di tanti mali; è lenta e arzigogolata ma è umana, che sia giusta è un altro conto. Va cambiata. Ma non saranno certo i Pilato e i Robespierre a migliorarla violentando i diritti e sacrificando la vita umana.

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