C i risiamo, sul tavolo della politica italiana c’è la riforma della giustizia. Se ne parla dal 1992, quando il pool Mani Pulite spazzò via la classe politica al potere dal dopoguerra. Adesso pare che si faccia qualcosa. È bastato che l’Ue minacciasse di non erogare i soldi del Recovery Plan per spingere la ministra Cartabia a preparare una bozza in quattro e quattr’otto. Le polemiche non mancano, soprattutto da parte dei grillini che, per combattere il male endemico della giustizia italiana (la lentezza dei processi), hanno pensato bene di rendere eterni i tempi della prescrizione. Insomma, per accorciare i processi li allungano a dismisura. Non so a voi, a me la logica sfugge. Che sia populismo? Comunque, la giustizia ha un gran bisogno di essere riformata. Io separerei le carriere di pm e giudici. Un caso eclatante per dimostrare che è necessario. Piercamillo Davigo, eroe del pool di Milano che ha ammanettato mezza Italia e rovinato l’altra metà utilizzando gli avvisi di garanzia come sentenze anticipate, ha chiuso la carriera da presidente di sezione della Corte di Cassazione. Da accusatore a giudicante come se niente fosse. Tanto più che è celebre una sua frase: «Non esistono innocenti, solo colpevoli non ancora scoperti». Ora che, per una sorta di nemesi, è indagato per il caso Amara e si trova dall’altra parte della sbarra, avrà cambiato idea sugli innocenti?

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