O ggi sono funerea, disse Laura Boldrini quando Giorgia Meloni ricevette l’incarico di formare il governo di centrodestra. A chi le fece notare che finalmente anche in Italia una donna aveva raggiunto quell’alta carica, rispose con una banalità: «Non tutte le donne sono uguali». Elementare, Laura Watson. Senza volere essere pignoli va detto che nemmeno gli uomini lo sono: Draghi è diverso da Conte, Tajani da Di Maio, Nordio da Bonafede; Toninelli è un caso a sé, unico e irripetibile nella tipologia dei ministri. Poi, per meglio chiarire il suo pensiero, riferendosi ancora alla neo premier, Boldrini precisò: «Alcune sono peggiori di altre». Errore grammaticale oltre che concettuale. “Peggiore” è il comparativo di “cattivo”. Come dire: le donne sono cattive, ma alcune lo sono più di altre. Detta da una fuoriclasse del femminismo equivale alla stecca di un soprano. E dimostra che le battaglie verbali tra donne non sono meno aspre di quelle tra uomini. L’accusa che i cantori dello schieramento femminista muovono a Giorgia è lapidaria: «Sarà anche donna, ma interpreta il potere come un uomo, non è femminista». È vero, Meloni non lo è e non lo nasconde. Sia sincera onorevole Boldrini: lei non vuole che le donne vadano al governo; lei vuole che ci vadano solo le femministe. Prepari una lista d’attesa.

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