O ra che anche i virologi “catastrofisti” iniziano a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia, l’Italia è pronta a ripartire. I ristoranti riaprono le sale interne, gli alberghi danno aria alle stanze e il popolo si appresta alle agognate vacanze estive in un clima di quasi normalità. Persino il ministro della Salute Speranza e il premier Draghi diffondono messaggi rassicuranti. Intanto in Brasile il Covid-19 uccide quattromila persone al giorno. Nelle favelas di Rio de Janeiro e San Paolo (spaventosi agglomerati di catapecchie senza fogne né servizi essenziali ognuno con centomila abitanti stipati in spazi angusti) il virus dilaga. In queste zone non esistono strutture sanitarie, le ambulanze non arrivano. Le ong presenti sul territorio pagano con i propri fondi ambulanze private per trasportare i malati bisognosi di ricovero in ospedale. Come un’oasi nel deserto, alla periferia della megalopoli San Paolo, spunta l’Arsenale della Speranza. È una struttura fondata da un italiano, Ernesto Olivero, nel 1996 e diretta da don Simone Bernardi. La comunità ospita milleduecento senzatetto, il 95% di loro è stato vaccinato, grazie all’impegno e alla testardaggine di questo prete, orgoglio della Chiesa cattolica. La pandemia sarà superata solo quando tutto il mondo (e non solo i ricchi Stati Uniti e Europa) sarà vaccinato. Ci vorrebbero cento, mille don Simone.

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