P er la prima volta nella storia della Repubblica italiana si sono succeduti due capi di governo nati entrambi a Roma. In 76 anni non era mai accaduto. A Mario Draghi, romano british, è subentrata Giorgia Meloni, romana verace. L’uno, con studi di alta formazione alle spalle, ha ottenuto cariche e titoli prestigiosi anche in campo internazionale; l’altra, con studi più modesti ma bene assimilati, è partita dalla Garbatella alla conquista di un primato che in Italia finora era stato appannaggio soltanto di uomini. Lui parla di sé in terza persona, lei si dà del tu e si qualifica con imbarazzo e pudore «la sottoscritta». Lui per assumere la carica di primo ministro si è fatto pregare, lei ha chiesto a gran voce il voto agli Italiani. Lui esperto di economia e finanza, lei esperta di nulla, ma a suo dire con idee chiare su tutto. Lui, uomo dell’establishment internazionale, lei donna del popolo. Personalità e storie diverse, hanno percorso vie alternative per giungere alla stessa meta. È questa la forza della democrazia, che abbiamo ritrovato dopo anni di sospensione: al suo posto c’era un suo surrogato di sapore tecnico e quirinalizio. La democrazia, si sa, non è un’istituzione perfetta. Consente però l’alternanza tra i Draghi e i Meloni. Tra l’uomo che viene dal mito e la donna che viene dalla terra.

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