G iulio Andreotti non è morto. È sparito. Vive in un altrove che nessuno conosce. Solo Nicola Morra sa dove si nasconde. In quel rifugio dell’aldilà lo perseguita e ne vuole la “damnatio memoriae”. Il Morra, per chi lo avesse perso di vista, è un grillo espulso dal covile per non avere votato la fiducia al governo Draghi. È presidente della Commissione antimafia nonostante sia stato sollecitato a darne le dimissioni. Tra poltrona e preterito c’è spesso una potente calamita. Da quando siede su quello scranno è convinto che le sue parole siano sentenze. «A Andreotti - ha farneticato - va revocata la nomina di senatore a vita perché nel contesto eversivo del golpe Borghese non ha difeso la Costituzione». Non importa che il velleitario colpo di Stato abortì, che gli imputati furono tutti assolti, che nessun governo golpista prese il potere e che all’epoca Andreotti non ricoprisse alcuna carica istituzionale. Gli va ugualmente tolto il laticlavio. Provvedimento di estrema gravità che si può prendere solo nei confronti di chi è vivo. O immortale. Come nell’ossessione di Morra è il divino Giulio. Il quale, vestendo sotto il doppiopetto grigio la porpora di cardinale, dialogava a fil di labbra con statisti e papi, con Dio e Belzebù. E mai si sarebbe degnato di dare ascolto a un grillo di passaggio.

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