Il fisco e la pacchia
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“L a pacchia è finita”. L’avviso urlato da Giorgia Meloni aveva un indirizzo preciso: la sinistra e compagnia cantante. La minaccia non poteva interessare i poveri cristi che vedono l’albero della cuccagna solamente nella sagra della pecora bollita. Meno che mai spaventare gli evasori fiscali che tra un condono e l’altro sono in pacchia permanente alla faccia degli onesti, eterni fessi. Il Ministero delle Finanze in uno spot mostra agli evasori il pugno di ferro in guanto di velluto: “La bella vita è finita”. A un tizio che in un ristorante si sbafa l’impossibile una voce sibila: “Tanto non paga lui” e indica un altro seduto al tavolo vicino: “Paga lui” cioè noi, voi. Finché non piomba a casa la Finanza che (forse) mette fine alla “bella vita”. L’idea è banale, il risultato scontato: non schioda gli evasori e inchioda gli onesti. Anche il concordato preventivo, scaduto il mese scorso (salvo proroga), è stato sbandierato in un minuto consacrato alla disperazione fiscale: “Hai una partita Iva e vuoi pagare il giusto? Fai un patto con il Fisco, concordi l’importo da pagare e stai tranquillo per i prossimi due anni. Aderisci. Conviene a te e conviene allo Stato”. Meno che al terzo che ha sempre pagato. Una bella stretta di mano tra il gatto e la volpe e affare fatto: siamo al game show con Iva Zanicchi: “Ok il prezzo è giusto”. Chissà per chi.