Il dittongo nell’occhio
Caffè Scorretto
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L a base leghista durissima e purissima ha sempre guardato con sospetto Tajani, soprattutto per via di quella “j” buttata lì in mezzo al cognome che non sai mai bene se pronunciarlo taiani o tagiani.
Chiaro che adesso che se n’esce con lo ius scholae sembra che stia provocando. Intanto quell’acca maledetta come si adopera? La ignori all’italiana, la usi come ammorbidente alla francese (sciolae) o la aspiri come fanno i toscani e i dorgalesi? E il dittongo? Che ne sappiamo dei dittonghi, se non che evidentemente ce ne saranno cinque in ogni manonga (e altrettanti per piedongo)?
È chiaro che il nome della legge è scelto per far perdere la pazienza, e non è un caso se per farla passare Tajani sta confabulando con Schlein, una che in un cognome di sette lettere riesce a sfoggiare un’acca messa a capocchia davanti a una elle e un altro di quei maledetti dittonghi.
Che poi la legge di per sé dice una cosa banale, e cioè che se nasci o arrivi da piccolo in Italia e vai a scuola in Italia, non puoi essere che italiano. E questo sarebbe logico e naturale anche se non avessimo un gran bisogno di aumentare la popolazione e non ci servissero nuovi compatrioti che lavorino e votino e ci paghino le pensioni. Però dai, se la faccenda la scrivi con le acca e i dittonghi e tutti gli altri trucchetti latini è chiaro che sotto c’è la fregatura, no?