N on importa se il gatto sia bianco o nero, fino a quando catturerà i topi, sarà un buon gatto. In quella frase del cinese Deng Xiaoping è condensata una filosofia di vita che supera il valore o il disvalore dei sogni perduti per esaltare una realtà più “terrena”: il bene comune che per i sardi si chiama sanità pubblica. La situazione è tragica perché non ci sono medici a sufficienza; se questo è vero (e in parte lo è, inutile girarci attorno) il cittadino senza medico e senza soldi o chi attende una giornata al pronto (si fa per dire) soccorso, si chiede perché ci si ostini a non accettare i medici volontari pensionati che si mettono a disposizione. Non azzereranno il problema ma potranno ridurlo. In tempi così complicati il nostro bel Paese dovrebbe accoglierli a braccia aperte anziché baloccarsi, per poi bloccarsi, tra il “sì” per le visite che gli iscritti all’Ordine possono fare finché campano e il “no” all’utilizzo delle ricette “rosa” in dotazione alle Aziende sanitarie. Il che significa costringere il povero paziente povero a pagarsi le medicine. Ma ci sono o ci fanno, oppure non ci fanno perché non ci sono? Assessore Armando Bartolazzi, i sardi chiedono passi più decisi; il meno complicato tra i tanti: liberare i “riservisti in camice bianco” finché l’emergenza non cesserà, senza attendere che il gatto catturi l’ultimo topo di Deng.

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