T anto è stato detto e scritto, anche su questo giornale, sulla proposta di legge cui sta ponzando con sudore il senatore Dario Franceschini. Continuare a parlarne può sembrare esercizio noioso. Però, per evitare perdite di tempo con dibattiti e votazioni parlamentari su un argomento insulso è opportuno sollecitare l’ex ministro a desistere. Colendo Senatore, capiamo che lei spinga sull’acceleratore del woke prima che quel motore, già fatto ingrippare da mister Trump, si spenga del tutto: se si è in crisi di visibilità ci si aggrappa anche all’aria. Si svegli dal sonno di Aligi, si guardi intorno. S’è perso il gran teatro di guerre e stragi, conflitti economici, finanziari, industriali, commerciali e legali che si stanno moltiplicando nel mondo. S’informi. Lei pensa a altro: vorrebbe che in Italia s’imponesse ai figli il cognome delle madri invece che quello dei padri. Il cognome della madre però altro non è che il cognome del nonno materno, maschio e spesso coi baffi. Insomma, non se ne esce. Allora faccia suo questo nostro balzano suggerimento: ogni donna si scelga un cognome nuovo a suo piacimento che, estirpate così le radici patriarcali, sarà tramandato, senza peccato originale di maschio, da madre a figlia. Stia sereno, gli uomini non opporranno resistenza. Si sono stufati, colendissimo Senatore, di queste scemate. E forse ne sono stufe anche le donne.

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