Sui social network si portano molto frasi tipo “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso” (è una frase che dietro ha tutta una storia, ma nella sostanza rimane una suggestiva fesseria) oppure “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre” (e questa non è una fesseria, anche se non è di Platone come dicono).

Intelligenti o melense, è abbastanza evidente che queste frasi edificanti non cambiano non diremo la personalità ma neanche l’atteggiamento di nessuno. Lo dimostra la storia della poveraccia che si è uccisa dopo che la sua ingenua furbata pubblicitaria è stata sgamata e azzannata dalla disapprovazione collettiva.

Dice: sì, ma i social sono comunque dei grandi spazi di democrazia e di confronto, e poi anche al bar si discute e ci si accapiglia. Vero, ma al bar ciascuno ha la sua faccia e anche una storia che spesso è nota agli avventori. Ed essere conosciuti spesso inibisce gli atteggiamenti più selvaggi. Sui social no: ci entri come al bar, ti appoggi disinvolto al bancone e dopo un po’ scopri di essere un cristallo in un’elefanteria. Andrebbe rispolverata l’idea di rendere obbligatorio identificarsi con le proprie generalità: non servirebbe solo e tanto a proteggere le elezioni dai troll del Putin di turno, ma noi stessi da noi stessi.

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