O gni epoca ha i suoi cavalli di battaglia lessicali. All’inizio degli anni 90 andava di moda “attimino”. Lo si metteva dappertutto, un po’ come la panna nei piatti degli anni 80 e la rucola in tempi più recenti. Un allenatore di calcio sardo piuttosto noto, è ancora in attività ma non ne farò il nome, perché va bene essere scorretti ma non perdere le amicizie, era appunto soprannominato da noi in redazione “attimino”, per l’uso continuo che ne faceva. Poi è venuta la resilienza, un vocabolo di natura psichiatrica che indica la capacità di un soggetto di superare le difficoltà. E vai con la resilienza, infilata anche nel Piano nazionale di ripresa e… resilienza, appunto, il famoso Pnrr. E anche la resilienza è finita dappertutto, come il prezzemolo sulle pietanze di mare.Tempo fa ho letto questa perla: «L’Isola conta ancora 157 focolai che portano la classificazione complessiva del rischio alta per molteplici allerte di resilienza». Che c’azzecca?, direbbe Antonio Di Pietro. Durante la crisi del governo Conte si abusava di “allargare il perimetro della maggioranza”. Adesso è molto in voga “divisivo”, riferito a Berlusconi candidato al Quirinale. Immarcescibile “assolutamente”, rigorosamente associato a un sì o un no, che sarebbero già termini assoluti. Basta storpiature della lingua italiana, dateci un attimino di tregua.

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