F osse stato per lui, i sacerdoti avrebbero moglie e figli. Francesco viveva nel terzo millennio, al contrario di chi lo precedette: “Il pastore tedesco”, lo battezzò Il Manifesto. «Progressista», dicono, invece Papa Bergoglio era solo fedele ai Vangeli, s’ispirava a un certo Gesù dimenticato da troppi cattolici. E quando un testo sacro dice di porgere l’altra guancia, di spartire le ricchezze con i miseri invece che comporre liste di esclusi dalla Chiesa, la differenza si nota.

Cosa resterà del Papa “povero” sulla Ford Focus modello base, che viveva a Santa Marta, non condannava gli omosessuali, dialogava con le altre religioni, in viaggio apostolico dove i cattolici erano pochi per evangelizzare, non per fare proselitismo? Indossò lo strano copricapo di una tribù amazzonica e disse: «Ridicolo?! Ma l’avete vista la berretta dei cardinali, con le tre creste e il fiocco?».

Il mondo gli renderà omaggio ai funerali, tranne Putin, scrivono le agenzie. Per forza: c’è il suo nome su un mandato di cattura internazionale, meglio restare a casa.

Ora, chi arriverà? Un gelido restauratore alla Ratzinger? E quale altro Papa avrà alla sua morte una nota ufficiale di rammarico della Cina, con cui i rapporti sono chiusi dal 1951?

L’unico suo moto reazionario è stato tenere duro pur nella malattia, per il principio “Vivo un Papa, non se ne fa un altro”. Era ovvio. Ma a un certo punto non lo è stato più.

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