"Non mi fermo. Lo dico spesso: 'Adesso basta. Sono stanca. Non ce la faccio più'. Ma poi vado avanti. Se non lavoro cado in depressione. Quando ho cominciato ero una ragazzina, avevo 15 anni e ho sempre detto: voglio morire in palcoscenico. Quando il Padreterno decide, mi faccia questo piacere: farmi morire in palcoscenico, così sarò veramente soddisfatta".

Per Isa Danieli, splendida 82enne, nata in una città come Napoli in cui "tutto è azzurro anche la malinconia" (copyright Libero Bovio), figlia d'arte, anche mamma e papà calcavano i palcoscenici, è innamorata del teatro, luogo privilegiato della parola, ma anche terapia per superare la stanchezza e altri malesseri passeggeri.

"È una medicina formidabile. Mi fa sentire sempre una bambina e succede anche ora". In questa stagione Isa Danieli ha scommesso sullo spettacolo "Le signorine" (testo di Gianni Clementi e regia di Pierpaolo Sepe), di cui è protagonista insieme a Giuliana De Sio.

Lo spettacolo ha riscosso grande successo a Cagliari, al Teatro Massimo, per la stagione di prosa del Cedac. Oggi alle 19 l'ultima replica.

"Ho scelto bene affrontando - ci dice Isa Danieli - un testo che scaturisce dalla nuova drammaturgia. È molto importante che gli autori del momento possano scrivere le loro storie".

Lo stesso slancio che l'aveva portata ad affrontare la sfida di un testo come "Ferdinando" di Annibale Ruccello? "Mi sono dedicata anima e corpo a quello spettacolo. Un atto di fede e di amore. Dopo la morte prematura di Annibale, nel 1986, ho promesso a me stessa e a lui di riprendere lo spettacolo ogni dieci anni. Ho dedicato a "Ferdinando" una parte della mia vita".

Con la "sceneggiata" si è aperta la sua carriera.

"Sì, poi sono entrata nella compagnia di Eduardo De Filippo e successivamente ho fatto l'avanspettacolo dove ho imparato a cantare e a ballare. Ho fatto molti sacrifici. I soldi erano pochi".

Eduardo che cosa le ha insegnato? "Mi ha insegnato tanto: una pausa, un soffio, una parola detta in un certo modo. Ho imparato come stare in scena, dire una battuta e far venire un applauso. Stavo dietro le quinte per vedere come recitava. Ti diceva le cose che dovevi fare. Lui ripeteva uno, due, tre volte e basta".

Un altro molto felice è stato quello con Roberto De Simone.

"Certamente, con lui ho fatto l'opera teatrale "La gatta cenerentola". Mi ha insegnato cose diverse rispetto ad Eduardo ma altrettanto importanti. Un altro incontro meraviglioso. Sotto questo aspetto sono stata baciata dalla fortuna. Se fai incontri sbagliati è un casino…" Nel cinema? "L'incontro più importante è stato quello con Lina Wertmuller. Con lei ho fatto dieci film. Ho avuto il piacere di recitare con Jack Lemmon e di far parte del cast di "Nuovo cinema Paradiso", premiato con l'Oscar. Oggi faccio poco cinema, mi mandano certi copioni che proprio non mi piacciono".

I momenti più belli? "Non dimentico due momenti vissuti a Spoleto, al Festival dei Due Mondi, con "La Gatta Cenerentola" e con "Amore e magia nella cucina di mamma" di Lina Wertmuller. Gli applausi più belli restano quelli ricevuti a Spoleto. Mi fermo qui, se continuo a pensare mi vengono in mente altri piacevoli ricordi".

La lingua napoletana è un patrimonio universale.

"Ha codici espressivi che ormai sono diventati universali. Nello spettacolo "Le signorine" utilizziamo parole in lingua napoletana e, ogni volta che siamo in un teatro del nord Italia, ci domandiamo: ma come hanno fatto a capire il significato? Scoppia l'applauso quando non ti aspetti che possa arrivare".

Il futuro? "Sono stanca ma non resterò a casa al termine di questa tournee. Ho un impegno che voglio mantenere: la commedia "Giacomino e mammà". Sarò in scena insieme a Enrico Ianniello. Ci sarà poco tempo per provare. Il prossimo 4 marzo debuttiamo al "Piccolo" di Milano. E poi si vedrà"
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