«Esistono numerosi studi che indicano chiaramente un'influenza del gruppo sanguigno sulla risposta all'infezione da Covid-19». Giorgio La Nasa, direttore del dipartimento Scienze mediche e Sanità pubblica dell'Università di Cagliari e della struttura complessa di Ematologia dell'Azienda Brotzu, ci accompagna in una frontiera che può essere di grande aiuto per capire meglio un virus che ha sconvolto il mondo.

Che cosa hanno dimostrato questi studi?

«Ci dicono che il gruppo zero sembra essere associato a un decorso migliore dell'infezione da coronavirus. Come se il gruppo zero fosse protettivo nei confronti dell'infezione».

In che modo protettivo?

«Non garantisce una immunità completa verso il Covid. È verosimile che con questo gruppo sanguigno si sviluppi un'infezione meno aggressiva».

Per il gruppo A invece che cosa succede?

«È un gruppo che invece sembra conferire una maggiore suscettibilità, ma abbiamo dati contrastanti. Alcuni studi ci dicono che è associato a un maggior rischio di mortalità. In altri viene sottolineato che questo rischio non è così alto. Il gruppo zero è sicuramente più protettivo».

Come si spiega?

«C'è una spiegazione biologica. Chi ha il gruppo zero produce naturalmente anticorpi, le agglutinine, verso gli altri gruppi sanguigni, A e B. Le agglutinine anti A sembrano avere la capacità di legarsi al recettore del Covid e ne impedisce in parte la penetrazione all'interno della cellula».

Ci sono altri caratteri genetici che possano indicare una maggiore resistenza verso questo virus?

«Molti studi si indirizzano su particolari recettori, gli antigeni di istocompatibilità, che si trovano sulla superficie delle cellule. Sono in grado di richiamare dei frammenti del virus, definiti peptidi, che vengono presentati alle cellule del sistema immunitario. Se abbiamo dei recettori che presentano bene il frammento virale al sistema immunitario saremo in grado di produrre una risposta immunitaria contro il virus più efficace. Se i recettori non captano quel peptide virale e non lo presentano al nostro sistema immunitario non saremo in grado di rispondere in modo appropriato all'infezione. È un dato che è stato dimostrato per tantissime infezioni compreso il Covid».

Oggi grazie alle maggiori conoscenze e al progresso scientifico non dobbiamo attendere che il virus si estingua naturalmente, come è avvenuto in molte infezioni del passato. Abbiamo una migliore capacità di reazione.

«Le nostre conoscenze sono talmente elevate da scongiurare gli effetti distruttivi del passato, si pensi alla spagnola o ad altre devastanti epidemie. Abbiamo già terapie specifiche e nei prossimi mesi infatti avremo il vaccino».

La genetica ci offre molti dati interessanti anche sul fronte del Covid.

«La scienza ha evidenziato che in alcuni soggetti il peptide virale viene presentato male e quindi per questo sussiste un maggior rischio di mortalità. In vista di una campagna vaccinale questi dati, che ci derivano in particolare dall'immunogenetica, potrebbero essere utilizzati per individuare le popolazioni a maggior rischio».

Gli studi sul sistema immunitario sono uno strumento fondamentale per conoscere meglio e di conseguenza arginare il Covid?

«Le molecole che abbiamo nella superficie delle cellule deputate alla presentazione dei frammenti del virus sono una parte del nostro sistema immunitario che si chiama immunità acquisita o adattativa. È un'immunità molto sofisticata, una risposta complessa e modulata che ci assicura una protezione rispetto alla maggior parte delle infezioni».

Come funziona nel concreto?

«Entra un organismo estraneo nel nostro corpo. Alcune cellule lo captano, lo riducono in frammenti che vengono esposti alle cellule del sistema immunitario che hanno un recettore specifico che agisce subito per neutralizzarlo. Quando arriva un germe sconosciuto è tutto più difficile. Occorre dare tempo al nostro sistema immunitario di prepararsi».

Il vaccino è una speranza concreta?

«Sono più di 150 i vaccini che si stanno selezionando. Alcuni di questi sono in dirittura d'arrivo. Poi sarà necessario individuare le persone maggiormente a rischio. È chiaro che non si potrà avere subito una vaccinazione per tutti».

Sarà una risposta efficace?

«Penso di sì. Se analizziamo freddamente questa emergenza si arriva alla conclusione che la nostra capacità scientifica e tecnologica ci mette nelle condizioni di avere, nell'arco di un anno e mezzo, un argine affidabile contro un virus totalmente sconosciuto al suo arrivo. Mi pare una risposta forte».

Massimiliano Rais

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