Untori, praticamente appestati. E chi più ne ha più ne metta. Allo sbarco da traghetti o aerei in arrivo dall'Isola, per i passeggeri l'etichetta era pronta. Non importa se fossero contagiati di andata o di ritorno. L'incubo Covid ha fatto precipitare la Sardegna ai minimi storici del gradimento turistico e quando le discoteche hanno riaperto i battenti e sono diventate serbatoio del virus tutto si è maledettamente complicato. L'equazione Sardegna uguale coronavirus vale per molti ma non per tutti. E i distinguo arrivano soprattutto da giornalisti, pr ed esperti di comunicazione che, nell'Isola, sono giunti in quest'estate disgraziata.

Lino Zani, enciclopedia vivente della montagna, celebre per la sua amicizia con Giovanni Paolo II, nata, cresciuta e progredita sulle cime dell'Adamello, è approdato qui di recente ed è pronto a tornare. "Sono venuto a Santa Teresa di Gallura quest'estate - racconta - e le ultime vacanze le ho trascorse in Sardegna. Dipingerla come isola del Covid è un'assurdità". Tra qualche mese tornerà in veste di conduttore del format Rai Linea Bianca per realizzare un reportage sulle montagne sarde, a cominciare da Punta La Marmora. Secondo Tony Capuozzo, autore del libro dal titolo "Lettere da un paese chiuso", ovvero il racconto dei mesi dell'emergenza Covid-19 e del lockdown nel nostro Paese presentato di recente a Olbia, per comprendere tutto è necessario fare un passo indietro. "In principio la Sardegna è risparmiata dall'ondata di Covid e chiede di stabilire dei controlli. Non le vengono concessi. Arrivano i turisti". Il contagio si diffonde allora. "Io sono giunto nell'Isola ai primi di agosto. Al porto di Napoli, venti giorni dopo, al mio rientro, ho trovato sei troupe televisive e la Guardia costiera. Era come se arrivassero gli appestati". Insomma in Sardegna il virus è arrivato con i turisti e non viceversa, "ma in venti giorni - osserva Capuozzo - hanno rovesciato la frittata. Se non fosse irritante tutto ciò sarebbe ridicolo. Beninteso, io sono contro ogni negazionismo, ma credo che la politica e la scienza ci lascino nell'incertezza. Virologi e epidemiologi da sconosciuti sono diventati star. Ma la gente resta nella confusione". Capuozzo giudica negativamente anche il ricorso del Governo contro il provvedimento del presidente della Regione sarda Christian Solinas che sanciva l'obbligatorietà del test anti-Covid all'ingresso. "Posto che potrebbe essere tardi, ritengo che comunque se qualcuno pensa di moltiplicare i controlli bisogna lasciarlo fare. È legittima e sacrosanta l'esigenza dei controlli. Essere contro i controlli mi è sembrata una ripicca politica". Al netto dell'emergenza sanitaria, secondo il giornalista del TG5 la ripresa turistica della Sardegna deve passare per la destagionalizzazione e la promozione della bellezza dell'interno. Chi si occupa di turismo deve promuovere anche all'estero un turismo fuori stagione e puntare su quello della terza età. Gli anziani non hanno problemi di ferie. Possono spostarsi quando vogliono".

Ospite in Gallura con Capuozzo quest'estate è stato Paolo Di Giannantonio, giornalista del TG1, che ha presentato il libro del collega in aeroporto a Olbia. E sulla diffusione del virus in Sardegna ha una certa idea. "L'Isola - rileva - non è stata e non poteva essere un caso particolare finché non vi sono arrivati i ragazzi che avevano frequentato la movida in ogni angolo del Mediterraneo".

E sulla questione discoteche l'analisi del cronista è chiara. "Io sono uno di quelli che pensano che se per un'estate non si balla non succede nulla. Il fatto è che abbiamo assistito a un braccio di ferro tra le esigenze di natura sanitaria e quelle economiche. L'obiettivo vero dev'essere invece la salvaguardia della salute". La sua esperienza recente a Olbia testimonia che "anche in tempi così complicati, stando estremamente attenti a come ci si comporta", dice Di Giannantonio, "si può presentare un libro all'aeroporto di Olbia. Io in tutta sincerità l'ho fatto con una certa apprensione e adottando tutte le cautele del caso. Quando sono rientrato a Roma ho fatto il tampone rapido e sono stato attentissimo nel rispetto delle prescrizioni".

Tra i giornalisti che lavorano sui media nazionali non tutti dunque sono disposti a far passare l'Isola come untrice tout court. "In linea di principio - sottolinea Simone Savoia (Mediaset) - trovo immiserente puntare il dito contro una qualsiasi regione italiana, accusandola di essere untrice del COVID-19. Mi sembra un riflesso isterico degno della colonna infame di manzoniana memoria. Questo valeva ieri per la Lombardia, vale oggi per la Sardegna e varrà sempre per tutte le regioni italiane. Nello specifico separarei l'estate sarda in due fasi. La prima fino al 31 luglio ha visto l'isola controllare bene la situazione, anche grazie al senso di responsabilità dei singoli, oltre che al lavoro delle Istituzioni. Ho avuto la fortuna di visitare la Sardegna a luglio: un'esperienza meravigliosa. Durante la seconda fase ad agosto evidentemente qualcosa non ha funzionato. Molti giovani potrebbero aver chiuso la stagione sull'isola dopo essere stati altrove e aver contratto il coronavirus". Ciò non toglie che si siano registrate alcune leggerezze. "Certo - riconosce Savoia - anche il rispetto dei protocolli, specialmente in Costa Smeralda, pare non essere stato dei più stringenti. Per il futuro urge un maggiore concerto di azioni tra Regione Sardegna e governo. Con questo virus non bisogna abbassare la guardia". Sulla stessa lunghezza d'onda (il Covid in Sardegna è un virus d'importazione) Salvatore Dama, giornalista professionista che lavora per Libero e autore di romanzi. "Questa estate - è la sua testimonianza - ho visitato la Sardegna in due occasioni. Sempre per ragioni lavorative. A luglio ero Cagliari, al Palazzo Doglio, per presentare il mio romanzo Foresteria (For hysteria). Ad agosto sono tornato per lo stesso motivo: altri due eventi, a Porto Rotondo, nel Villaggio Ladunia, e in Ogliastra, Villagrande Strisaili, all'hotel Orlando. Da questa esperienza personale ho tratto un po' di considerazioni. Anzitutto non ho mai percepito la sensazione di essere ospitato da una Regione di untori. Al di là della psicosi scatenatasi nella seconda metà di agosto, a causa dell'impennata di contagi, mi è sempre stato chiaro che si trattava di episodi in arrivo dall'esterno. Comitive di ragazzi provenienti da Ibiza, Barcellona, Croazia, che hanno portato il Covid da lì e poi si sono contagiati tra loro frequentando i locali della Costa Smeralda". Prevenire sarebbe stato meglio che curare.

"Erano necessari controlli preventivi prima dello sbarco in Sardegna? Probabilmente sì. Ma ricordo che, quando il presidente Solinas aveva proposto uno screening del genere, a inizio stagione, era stato accusato di voler penalizzare il comparto turistico. E il fatto che poi, ex post, il Tar abbia bocciato una sua decisione postuma in tal senso, impugnata dal governo nazionale, dimostra che, in tema di Covid, spesso prevalgono logiche politiche su quelle sanitarie". Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. "La salute pubblica - rileva Dama - va sempre messa al primo posto. Ma poi arriva la crisi economica. Il turismo sardo ha vissuto una estate cominciata tardi e finita presto. E il conto, temo, lo pagheranno i tanti lavoratori stagionali, che non hanno potuto accumulare guadagni sufficienti per i mesi a venire". Di conseguenze disastrose per l'immagine della Sardegna parla anche Benedetta Cimini, milanese, specialista nelle relazioni con i media. "Non vorrei sembrare inutilmente polemica", premette la Cimini, "ma cercare di fare capire semmai i danni causati quest'estate da una stampa nazionale più attenta a cercare il titolo che potesse fare scalpore e vendere qualche copia in più. Io in Sardegna vengo per mia fortuna (i miei genitori decisero di prendere casa nel lontano 1983 a Marinella in Costa Smeralda)e quest'anno ho dovuto assistere al crollo del turismo. Si sarebbe potuta salvare la stagione tra settembre e ottobre, l'Isola ha visto invece la disfatta di Caporetto. Io per rispetto mio e degli altri la Sardegna sono stata in grado di godermela in sicurezza. Significa che ho evitato assembramenti, ho indossato la mascherina e invece di andare dove c'erano possibili assembramenti sono stata in spazi dove il distanziamento e la sanificazione venivano rispettati. Si può fare tutto se si ha rispetto degli altri e bisognerebbe averne anche di questa terra, che offre un mare da levare il fiato e una natura incontaminata e non meriterebbe tutto questo".

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