Il popolo iraniano continua a piangere il generale Qassem Soleimani, ucciso dagli Usa nel corso di un raid a Baghdad.

Dopo le migliaia di persone scese in piazza nella capitale irachena all'indomani dello "strike" ordinato da Donald Trump e dopo l'oceanica marea che ha partecipato ai funerali solenni a Teheran, un'enorme folla si è radunata anche a Kerman, città natale del generalissimo, per la sepoltura. Una cerimonia talmente affollata che secondo fonti locali almeno 40 persone sarebbero morte nella calca. Centinaia, invece, i feriti.

Per questo, la cerimonia ufficiale di tumulazione è stata rinviata.

Intanto, la tensione tra Stati Uniti e Iran resta altissima, tra minacce e controminacce.

Secondo quanto riferito dal New York Times, Teheran starebbe già pensando alle possibili rappresaglie nei confronti di Washington. E, in prima linea per mettere a punto la vendetta, ci sarebbe la guida suprema della Repubblica islamica in persona, Ali Khamenei.

L'ayatollah, viene rivelato, pensa a un attacco "diretto e proporzionato contro gli interessi americani", condotto "apertamente" dalle forze iraniane.

L'allerta delle forze Usa in Medio Oriente è ai massimi livelli per eventuali azioni con droni e missili balistici a medio e lungo raggio, insieme al persistente allarme sulla sicurezza cibernetica. Negli ultimi giorni, rivelano fonti citate dalla Cnn, l'intelligence americana ha osservato movimenti di equipaggiamenti militari nemici.

Gli scenari delle possibili rappresaglie sono già stati delineati dal Consiglio supremo di sicurezza iraniano. Secondo il suo segretario, il contrammiraglio Ali Shamkhani, si tratta di 13 possibili obiettivi, "e anche il più debole di questi sarà un incubo storico per gli Usa". In ogni caso, ha aggiunto, "la risposta non avrà luogo in una sola operazione. Sappiamo che gli Stati Uniti hanno messo in allerta 19 basi militari. Si sono chiusi dentro i rifugi nella speranza di sfuggire alla nostra vendetta, ma la Repubblica islamica aprirà per loro le porte dell'inferno".

Dal canto proprio, Trump non arretra di un millimetro. In una intervista il numero uno Usa ha ribadito che il blitz contro Soleimani ha reso gli Stati Uniti "molto più sicuri" e che "avrebbe dovuto essere stato fatto negli ultimi 15 o 20 anni". Il presidente ha poi accusato nuovamente il suo predecesssore Barack Obama per aver designato Soleimani come "terrorista" ma non aver poi fatto nulla per eliminarlo. Quanto alle minacce di ritorsione da parte di Teheran, Trump ha risposto: "Vedremo che risposta sarà. Se ce ne sarà mai una".

(Unioneonline/l.f.-D)

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