Dopo l'aborto terapeutico ha deciso di non procedere con le esequie e la sepoltura del feto. Ma suo figlio è stato seppellito lo stesso, e per di più con il suo nome. E lei lo ha scoperto dopo mesi.

Succede a Roma: "E' tutto scandalosamente assurdo - racconta la donna sui social -. La mia privacy è stata violata".

Le cose, spiega, sono andate così: quando ha firmato tutti i fogli relativi all'interruzione terapeutica di gravidanza, le è stato chiesto se volesse procedere al funerale e alla sepoltura, e rispose di no: "Non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto".

Dopo 7 mesi ha scoperto che il feto era ancora nella camera mortuaria: "Signora - le dicono - noi li teniamo perché a volte i genitori ci ripensano. Anche se lei non ha firmato per la sepoltura, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza. Avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome". "Quale nome? Non l'ho registrato. È nato morto", chiede incredula la donna. "Il suo, signora - si sente rispondere -. La chiameremo noi quando sarà spostato al cimitero".

A quel punto lei si è informata e ha scoperto sul sito dell'Ama - la municipalizzata di Roma che ha la competenza sui servizi cimiteriali - che "in assenza di un regolamento regionale", si legge, si fa riferimento al Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

In sintesi i feti "vengono sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della Asl". In caso di richiesta dei familiari, c'è il "Giardino degli Angeli" nel cimitero Laurentino, inaugurato tra mille polemiche nel 2012, dove "le lapidi sono tutte uguali tra loro: il riconoscimento è reso possibile da un codice posto sul retro".

Per i feti che invece vengono "sepolti su semplice richiesta della Asl" c'è uno specifico campo al cimitero Flaminio dove essi "giacciono in fosse singole, contraddistinte da un segno funerario apposto da Ama-Cimiteri Capitolini", una "croce in legno e una targa su cui è riportato comunemente il nome della madre o il numero di registrazione dell'arrivo al cimitero, se - specifica il sito - richiesto espressamente dai familiari". Richiesta che però la donna nega di aver fatto.

"Senza il mio consenso - dice oggi - altri hanno seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano che non mi appartiene, e con scritto il mio nome".

"Accanirsi su chi deve ricorrere all'aborto terapeutico e seppellire il feto contro la volontà della donna usandone il nome è mostruoso", scrive l'associazione Non una di meno. E c'è il tema della privacy: "Vedere il proprio nome stampato sulla croce di un feto è una evidente violazione - dice la senatrice Monica Cirinnà - Come dire a tutti: 'La signora ha abortito'".

Il deputato radicale Riccardo Magi annuncia di rivolgersi al Garante: "Bisognerebbe chiedere all'amministrazione comunale di intervenire e chiarire se c'è stato un problema oppure è un modo d'agire sistematico, e correggerlo immediatamente in autotutela".

(Unioneonline/D)
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