Addio ad Anna Calissoni Bulgari, erede della grande dinastia di gioielleri.

93 anni, è rimasta nella storia giudiziaria italiana per il terribile rapimento, per mano di una banda di sardi, suo e di suo figlio Giorgio.

Era la sera del 19 novembre 1983 e Anna stava rientrando con suo marito Franco nella grande tenuta di famiglia ad Aprilia: due uomini con passamontagna e fucili prendono Anna e la chiudono nel portabagagli della 132 della famiglia, Giorgio viene messo su un sedile. Poi la fuga.

Ne seguiranno giorni e giorni di trattative serrate e complicatissime, con la minaccia del sequestro dei beni da parte della Procura. Appena otto anni prima, per il rapimento del cugino di Anna Bulgari, Gianni, era stato pagato un riscato di un miliardo e 300 milioni di lire.

Qui la richiesta è di quattro miliardi di lire.

Il 17 dicembre, due giorni dopo la scadenza del primo ultimatum, arriva una busta che contiene un pezzo dell’orecchio di Giorgio.

La famiglia accelera allora, e a gestire tutta la trattativa è la figlia Laura, allora avvocato 29enne a New York: la consegna dei soldi avviene il 21 dicembre sulla via Aurelia.

La sera del 24 dicembre Anna e Giorgio Calissoni vengono liberati a nemmeno un chilometro di distanza da dove erano stati sequestrati.

La prima pagina dell'Unione Sarda dopo la liberazione
La prima pagina dell'Unione Sarda dopo la liberazione
La prima pagina dell'Unione Sarda dopo la liberazione

Giorgio viene subito curato per la ferita, ormai infetta, all'orecchio, per cui subirà poi cinque interventi di ricostruzione negli Stati Uniti. Anna ha invece tutti i piedi piagati e spiega di essere stata tenuta all'aperto e costretta a continui spostamenti. I due hanno perso in un mese di prigionia quasi dieci chili, e spiegano di essere stati "trattati come bestie", come riportano anche le cronache del tempo de L'Unione Sarda.

Nel processo di Nuoro contro il Movimento armato sardo, Giorgio avrebbe poi raccontato: " A operarmi fu il bandito che si faceva chiamare 'Francesco'. Usò un normale coltello. Tagliò con molta lentezza, ma alla fine non riusciva più ad andare avanti. Per togliermi l'orecchio me lo dovettero strappare via".

Un'immagine, quella, che sarà rilanciata da molti giornali nel mondo e diventerà il simbolo della vergogna per tutta la Sardegna.

Di quel drammatico mese nelle mani dei suoi rapitori Anna Bulgari non ha mai parlato, come ricordano ora amici e parenti affranti dal dolore.

"Aveva cancellato, era una donna molto forte. Momenti orribili come quelli vanno solo dimenticati", ha spiegato oggi al Corriere il cugino Paolo.

(Unioneonline/v.l.)
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