Piombino, martedì 14 aprile 1999. Una forte esplosione distrugge una palazzina in via Landi. Sotto le macerie restano tre cadaveri e un superstite, Simone Cantaridi, 25 anni, neo assunto autista della municipalizzata. Muoiono la moglie Sabrina Martinelli, 24 anni, la figlia Vanessa, 4 anni, la sorella Claudia, 27.

Per giorni Piombino piange le vittime di un'immensa tragedia. Una fuga di gas, il boato, una famiglia cancellata, il capofamiglia miracolato. Vengono fissati i funerali e indetto il lutto cittadino. Poi accade qualcosa. La sera prima dei funerali, un capitano dei carabinieri cambia i programmi per la cerimonia. Telefona al magistrato e spiega che qualcosa non quadra. Il pm cancella il nulla osta per la sepoltura. Richiede l'autopsia, nessuno aveva pensato fosse necessaria. È il primo filo di una trama drammatica. Fino a quel momento il sospetto era nell'aria, insieme alla polvere delle macerie e ai sorrisi degli innocenti stampati su mille giornali.

A riscrivere la storia è un coltello da cucina. Un vigile del fuoco lo trova nel pomeriggio di giovedì, 24 ore dopo l'esplosione. è chiuso in un cassetto del comodino, venuto giù insieme alla camera da letto di Simone e Sabrina. Venti centimetri di lama sporchi di sangue e polvere. Anche sul collo delle vittime ci sono strane ferite. In un primo momento si è pensato potessero essere state causate causate da schegge di vetro. Poi in obitorio tutto diventa chiaro. Il medico legale legge sulle salme quello che nessuno vedeva. I militari ricostruiscono il puzzle di una scena del crimine destrutturata, scomposta in frammenti di intonaco e tramezzi disarticolati. Il restauro restituisce verità ai toni scuri di un'immensa follia. Su quelle che erano pareti ci sono schizzi di sangue. C'è un testimone, una donna dice di aver sentito gridare una bimba. E poi la bombola causa dell'esposione. Non è dove doveva essere. Qualcuno poi avrebbe dovuto chiedersi perché Cantaridi, dal suo letto d'ospedale, per prima cosa non chiede dei suoi cari, ma di leggere i giornali. Simone Cantaridi confessa venerdì notte, quattro giorni dopo il massacro. Poche parole, più che sufficienti per parlare di omicidio. «Volevo morire, volevo farla finita, le ho colpite io, così mi sembra. Ho acceso tutto, poi ricordo che è salato in aria».

La palazzina di via Landi distrutta dall'esplosione foto Ansa
La palazzina di via Landi distrutta dall'esplosione foto Ansa
La palazzina di via Landi distrutta dall'esplosione foto Ansa

Scrive sabato 18 aprile il cronista inviato dal quotidiano La Repubblica: «Sabrina e Vanessa erano ancora a letto, forse dormivano. Un colpo al basso ventre alla mamma, due al petto alla bambina. Nell'altra stanza, la sorella Claudia sente qualcosa, forse si alza, reagisce. Simone l'avrebbe colpita più volte, sulle mani, sul collo, su un gomito, sull'addome. Prima di vederla crollare sul letto, morta». Cantaridi calcola tutto, apre la bombola e la palazzina salta in aria. Vuole farla finita, seppellire la verità sotto un cumulo di calcinacci. Ma è una persona fortunata. Al momento dell'esplosione sul suo corpo cade un materasso dal piano di sopra. Lo protegge ai detriti e crea una sacca d'aria che lo fa respirare fino all'arrivo dei soccorsi. E il movente? Gli inquirenti parlano della follia di un uomo depresso.

Piombino sussurra storie di debiti, difficoltà economiche insostenibili. L'autista vive, non è riuscito a uccidersi. Al processo di primo grado appare in qualità di reo confesso ma gli viene riconosciuto un parziale vizio di mente. Vent'anni con rito abbreviato. Neppure sette anni a cadavere. In appello la condanna viene ridotta a sedici anni. In realtà poi l'ex autista sconta appena dieci anni da detenuto modello, impreziositi da una laurea in Teologia, e tre anni in semilibertà grazie all'indulto. Lasciato il carcere trova lavoro in un supermercato a Prato e vive una vita tranquilla. È cambiato. Qualche anno prima si era perfino risposato. Ha cominciato una nuova vita.

È lui stesso a scrivere il finale della storia il 14 aprile in via Firenze a Prato. Si schianta con la sua Panda e muore sul colpo. In strada non c'è nessuno per via delle restrinzioni sul coronavirus. Cantaridi non era ubriaco, non aveva fatto uso di droghe. Secondo i rilievi della stradale non si è suicidato, è stato un incidente. Non ha mai spiegato per quale motivo ha ucciso la moglie, la figlia e la sorella. È morto a 21 anni esatti dalla strage di via Landi. Una tragica coincidenza.
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