"Non vogliamo soldi, vogliamo solo che la verità venga fuori, per le vittime, per quelle persone che ho visto prima che accadesse il finimondo. Spesso penso a chi ha detto l'ultimo arrivederci a me, a chi ha preso l'ultimo caffè al bar vicino a me. Sono cose che ti segnano''.

Sono le parole, questa mattina a "Radio Cusano", di Giampiero Parete, uno degli 11 superstiti della tragedia di Rigopiano, scampato insieme alla moglie e ai due figli alla distruzione dell'albergo di Farindola, in provincia di Pescara. Una catastrofe, per cui è stata disposta l'archiviazione per 22 indagati, costata la vita a 29 persone.

Parete, cuoco di Pescara, alla trasmissione ''Cosa succede in città'', condotta da Emanuela Valente, ricorda quel 18 gennaio 2017, la slavina, le macerie, l'angoscia, le vittime.

''La valanga mi ha sfiorato - racconta - ero andato in macchina a prendere una cosa e ho visto e sentito tutto. Non so come non sia rimasto coinvolto anche io, la mole della valanga era incredibile. È stata una questione di pochi metri. Vuol dire che non era la mia ora. Ho chiamato due volte i soccorsi, non era possibile camminare, c'era un mare di neve fresca intorno a me".

"I soccorsi sono arrivati all'alba del 19 gennaio - prosegue poi - il giorno dopo il disastro, ho atteso ore, che mi sono sembrate interminabili, in compagnia del manutentore dell'hotel anche lui rimasto illeso".

"Ho vissuto una situazione surreale e con la sensazione che fosse irreale, come se stessi assistendo a un film. Mi ricordo, come se fosse ieri, il silenzio più totale. Eravamo nel nulla più totale, mi sono sentito completamente abbandonato''.

Uno shock che ha segnato nel profondo non solo lui ma l'intera sua famiglia. ''I miei figli - spiega ancora - Ludovica e Gianfilippo, avevano 6 e 8 anni. Prima della tragedia, per loro la neve era gioia, una cosa bella. Oggi è un incubo. Quel 18 gennaio 2017 ha lasciato strascichi che ci porteremo dietro a vita. Per esempio, prima di alloggiare in un albergo i miei bambini voglio vedere prima la struttura, si devono sentire tranquilli, che sia nuovo, che non ci siano montagne vicino.

''Adesso sarà una battaglia dura - la conclusione - Mi sono costituito parte civile perché la mia famiglia ed io vogliamo giustizia. Non vogliamo soldi, non ci interessano, noi abbiamo già vinto. Vogliamo solo che la verità venga fuori, per le vittime, per quelle persone che ho visto prima che accadesse il finimondo. Le ho tutte nel cuore".

(Unioneonline/v.l.)
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