Gravi pregiudizi per l'ordine e la sicurezza pubblica. È la motivazione con cui il questore di Roma ha deciso che i funerali di Fabrizio Piscitelli, l'ultras laziale noto con il nome di Diabolik e brutalmente assassinato mercoledì nella Capitale, dovranno svolgersi in forma privata.

Una decisione che alla famiglia della vittima non è andata giù, e per cui i legali incaricati hanno già annunciato il ricordo al Tar.

Al momento il rito funebre è previsto per le sei di mattina del 13 agosto, all'interno del cimitero Flaminio. "Proveremo a ottenere i funerali anche a settembre, anche perché a parte Riina e Provenzano non ricordo provvedimenti simili per altre persone", ha detto l'avvocato della famiglia di Diabolik, Marco Marronaro.

LA LETTERA - A sostenere questa dura presa di posizione anche la moglie di Fabrizio, Rita Piscitelli, in una lunga lettera diffusa anche ai media.

"Ci è stato vietato di celebrare un funerale in forma pubblica per motivi di sicurezza", spiega Rita. "Ma la sicurezza di chi?", si domanda la donna. "Al contrario di ciò che si pensa e si legge sui giornali - prosegue - Fabrizio era un uomo amato dagli amici e rispettato da tutti. Non era un mafioso come lo si dipinge in queste ore: non ha mai subito condanne per associazione mafiosa o provvedimenti come il 41bis. E tutti i beni posti sotto sequestro ci sono stati restituiti".

"Lo state uccidendo di nuovo - attacca la moglie - tanto quanto il killer sorcio che lo ha sorpreso alle spalle. Non ci saranno problemi di ordine pubblico lo garantisco".

"Noi vorremo soltanto una cerimonia funebre che renda onore a Fabrizio, permettendo ai famigliari e agli amici di porgere l'ultimo saluto ad un uomo vero, un punto di riferimento per quanti lo conoscevano. Abbiamo il sacrosanto diritto - recita ancora la lettera aperta - di rendere omaggio a mio marito come merita noi famigliari e le centinaia di persone che desiderano farlo. Abbiamo il diritto e la volontà di consolarci nell'abbraccio della gente che voleva bene a mio marito. Ancora una volta, l'ultima".

LE INDAGINI - Intanto, sul fronte delle indagini, elementi determinanti sul killer sono arrivati dall'analisi dei tre telefoni cellulari che Piscitelli aveva con sé nel giorno dell'omicidio.

Tra i contatti, nelle chat, potrebbe infatti esserci il nome della persona che diede appuntamento a Diabolik al parco degli Acquedotti, poi rivelatosi una trappola per l'ex storico capo ultras della Lazio.

"Era una figura centrale nell'attività di spaccio di cocaina su larga scala a Roma", ribadiscono i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di piazzale Clodio parlando di Piscitelli, che risultava iscritto nel registro degli indagati in una indagine sul traffico di sostanze stupefacenti.

Si tratta di accordi che Piscitelli aveva allacciato da anni con vari gruppi criminali che volevano espandere l'attività di spaccio soprattutto nell'area Nord della Capitale. Gruppi organizzati che fanno capo alla camorra, col boss Michele Senese ma anche agli albanesi, così come compare nelle carte di Mafia Capitale relativamente alla "Batteria di Ponte Milvio", di cui, secondo gli inquirenti, Piscitelli era punto di riferimento.

(Unioneonline/v.l.)
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