Lo scorso anno nella provincia di Oristano per il lavoro peggio non poteva andare: pessimo. Sono saltate anche le previsioni più prudenti dei sindacalisti e delle forze imprenditoriali, concordi nell'ipotizzare un anno senza grandi passi in avanti ma neppure così disastroso.

I numeri della cassa integrazione raccontano appunto il disastro: 58.366 ore. Addirittura il 220,7 per cento in più rispetto a due anni fa quando le ore erano "appena" 18.198. Numeri ufficiali, estrapolati dal rapporto sulla cassa integrazione, a cura del Servizio lavoro, coesione, territorio della Uil, su fonte Inps. Ivana Veronese, segretaria confederale del sindacato, precisa che «sono cinquanta le province dove le richieste di cassa integrazione sono in aumento». In testa Livorno seguita da Biella, Gorizia e Oristano con un aumento del 222,5 per cento appunto. Quart'ultimo posto tra le 187 province italiane, ecco come ci si è arrivati. La cassa integrazione ordinaria, che integra o sostituisce la retribuzione ai lavoratori a cui sono state sospese le ore lavorative per situazioni aziendali o temporanee di mercato, è passata da 18.198 a 43.911 ore.

Nel 2018 le caselle della cassa integrazione straordinaria riservata ai lavoratori delle aziende in crisi o in fase di riorganizzazione e di quella in deroga per chi non può accedere alle altre due "casse" segnavano zero e riporto zero. L'anno scorso la musica è cambiata. L'Inps per la straordinaria ha registrato 1.463 ore e per quella in deroga 12.992 a fronte delle 1.244 di Cagliari, 2.208 di Nuoro. Tradotto in percentuale la differenza tra i due periodi della cassa integrazione, ultima soluzione per strappare una busta paga anche se ridotta ai lavoratori, per la provincia di Oristano si attesta su una dimensione stratosferica: da zero a 1.299. I sindacati oristanesi ripetono la lezione che la parte politica continua a non riuscire a tradurre in fatti. "Qui sta crollando tutto, calano i dipendenti pubblici, soffre l'agricoltura e l'industria resta ancora troppo marginale", sottolineano i segretari Andrea Sanna, Cgil; Alessandro Perdisci, Cisl e Franco Mattana Uil.

A proposito dei dipendenti di aziende private ancora la Uil e sempre su fonte Inps, riferisce che nello scorso anno (ultimo dato disponibile) la provincia di Oristano ne contava 19.594; 427 in più rispetto all'anno precedente. Ma aggiunge: Oristano è tra le dieci province con un minor numero di lavoratori nel privato, poco più su di Enna e la maglia nera Isernia. Le retribuzioni La media mensile pro capite della retribuzione è di 1.150 euro con un aumento della bellezza di undici euro, quaranta centesimi scarsi al giorno. Nella classifica generale Oristano si piazza all'undicesima posizione, anche in questo caso ovviamente partendo dall'ultima. Una situazione quindi sconfortante che si aggiunge alla crisi che continua ad attanagliare questa provincia da anni. "La disoccupazione peggiora di continuo. La percentuale si attesta intorno al 15 per cento", dice Andrea Sanna, segretario Cgil. "Ma ci sono sacche preoccupanti, quella dai 24 ai 40 anni, che arriva a percentuali ben più alte. E c'è un altro aspetto negativo: la povertà del lavoro, cioè lavoro precario, a tempo parziale e determinato. Un tipo di occupazione, cioè, che non produce benefici, perché molti di questi occupati restano a casa coi genitori e non hanno la possibilità di mettere su casa e magari creare una famiglia». L'Inps, secondo i sindacati, è il più grande datore di lavoro della provincia, 55 mila pensionati su 160 mila abitanti, con 9 anziani per ogni bambino. Michele Masala
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