Mezzo secolo fa, con l’intento di valorizzare, sfruttandole, le acque di Rinagghju, il patron della San Pellegrino Giuseppe Mentasti presentò una proposta all’allora amministrazione comunale di Tempio Pausania, proprietaria delle fonti e dell’area circostante. In sintesi: la concessione trentennale delle fonti anche per un’ipotesi di imbottigliamento, un’industria che realizzasse solette per scarpe utilizzando il sughero e, buon ultimo, un albergo e la contestuale sistemazione del compendio intorno alle fonti. I tempiesi rispedirono la proposta al mittente con gli amministratori che, in una pubblica seduta, affermarono di non aver bisogno di nessuno per qualificare e valorizzare Rinagghju e le sue acque diuretiche, che studi di alcune università accreditavano come qualitativamente superiori a quelle di Fiuggi. Aggiungendo che Rinagghju era patrimonio di tutti e che non poteva essere privatizzata in alcun modo.

Cambiarono le amministrazioni ma non il loro atteggiamento. Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso e agli inizi degli Ottanta, prima l’Acquamarcia, società della famiglia Caltagirone, poi la Coca Cola Company, attraverso la sua controllata Fanta, si fecero avanti con dei progetti importanti che prevedevano investimenti sostanziosi e ricadute formidabili in un territorio che aveva cominciato il suo declino inevitabile. Inutile sottolineare che dal Municipio arrivarono solo categorici e sprezzanti rifiuti a qualsivoglia idea sulle fonti di Rinagghju. L’argomento era però buono per ogni campagna elettorale.

Sino a quando, e siamo agli anni Novanta, non si presentò un imbonitore sostenuto dalla maggioranza che governava la cittadina gallurese. Questi riuscì a coinvolgere e convincere alcuni piccoli imprenditori locali a creare la Tempio Pausania Terme spa, con capitale sociale di qualche centinaio di milioni di lire e diversi soci che pretendevano di dettar legge sugli altri. Si riaprirono le piastre (due edifici per il trattamento sanitario idropinico costate un botto di soldi della Comunità europea), un bar, venne realizzata la piscina e un anfiteatro. Ma l’entusiasmo iniziale, peraltro supportato dall’amministrazione comunale, si smorzò ben presto andando a sbattere con la realtà. I soldi finirono e la Tempio Pausania Terme venne dichiarata fallita nel 2001. Da allora, il pudore aveva imposto il silenzio sul tema, mentre i vandali hanno imperversato distruggendo quanto rimasto del vecchio e velleitario impianto che, tra risorse europee, della vecchia Provincia di Sassari e comunali, è costato oltre 30 miliardi di lire.

Alcuni mesi fa, l’avvocato tempiese Salvatore Deiana ha chiesto un incontro agli amministratori comunali per sottoporre loro un nuovo progetto sul compendio Rinagghju. A una condizione, avrebbe rivelato il nome dell’imprenditore solo una volta che ci sarebbe stato l’accordo sulla proposta. <E’ stata una richiesta esplicita del mio cliente – spiega il professionista – e nonostante abbia fatto storcere il naso a qualcuno io sono tenuto a rispettarla>. In realtà, più che i componenti della giunta e di buona parte del consiglio, le reazioni sono state registrate sui social. Stavolta, però, a differenza del passato, l’amministrazione non sembra propensa all’ennesima chiusura. Anzi, l’apertura al dialogo è immediata. Beninteso, per ora non c’è niente di concreto, giusto un approccio finalizzato alla conoscenza del progetto e alla sua fattibilità.

L'impianto idropinico di Rinaggiu (Fiori)
L'impianto idropinico di Rinaggiu (Fiori)
L'impianto idropinico di Rinaggiu (Fiori)

<Le poche cose che sono autorizzato a dire – sottolinea l’avvocato Deiana – è chi si tratta di un’idea imprenditoriale che parte da tre punti base: natura, educazione e sport. Tempio si trova a 600 metri d’altezza, quasi equidistante dal monte Limbara e dal mare, Vignola è a 35 chilometri. Un’altra certezza: il mio cliente non è interessato alla gestione delle fonti e dell’area con i manufatti malridotti, bensì all’acquisizione dell’intero compendio>. E' proprio questo l’aspetto meno gradito ai detrattori di un’operazione che, va specificato, è ancora in fase embrionale. <Non ci sono intenti speculativi – chiarisce il legale – anche se è scontato che c’è interesse a realizzare strutture ricettive che avrebbero ricadute dirette e importanti sul territorio, oltre ai percorsi naturalistici per bambini e anziani, non solo per chi pratica sport. Per farla breve, si vuole creare un’alternativa alla spiaggia>.

Giusto per far capire che l’imprenditore - al momento sconosciuto - non scherza, l’avvocato fa sapere che si intende acquistare oltre 100 ettari di terreno intorno al compendio di Rinagghju che si estende per appena 6 ettari ed è praticamente chiuso da altre proprietà. Con l’emergenza pandemia il dialogo tra le parti si è temporaneamente interrotto. Ma dovrebbe riprendere prima che i tempiesi si rechino alle urne per eleggere il nuovo consiglio comunale. Perché, a dipendere dall’esito delle urne, il destino di Rinagghju potrebbe essere ancora tutto da scrivere. Daccapo.
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