Ore 22.25. Dieci aprile 1991. Un chiodo fattosi trave nella memoria di ogni sardo. A Livorno, contraporto della Sardegna nel continente italico, una nave passeggeri, la Moby Prince, destinazione Olbia, aveva appena preso in pieno la petroliera Agip Abruzzo. Oppure il contrario. La tragedia è immane ma nessuno sa quel che accade in quel mare buio e inaccessibile. Fuoco denso che avvinghia le lamiere contorte delle due navi. La notte è fonda quando l'esercito mette a disposizione dei cronisti sardi un Ch 47. Elicottero bipale, attivo per il volo notturno.

Un salto nel buio

Un salto nel buio, in un cielo nero come la tempesta che impone l'immediato atterraggio in mezzo al mare, nell'isola di Monte Cristo. Alle 4 del mattino il meteo segna la fine del diluvio universale. Il volo riprende nella penombra verso la sterminata alba d'alta quota. Sono le 6.30 del mattino quando la rada del disastro si avvicina con quel rotore sopra la testa divenuto tutt'uno con il cervello. L'aria rarefatta è torva. Una bomba atomica ha colorato il cielo. I comignoli del disastro sono dispiegati in lontananza. C'è freddo, ma il calore di quelle lamiere incandescenti che si avvicinano rendono lo scenario spettrale.

Lo sguardo si bagna

Non si riesce a pronunciare mezza parola. Anche le pale hanno smesso di rumoreggiare ad alta quota. Sprofonda lo sguardo. Lo stomaco si ritrae. Lo sguardo si bagna. Gli occhi hanno perso il fuoco. Lavati da lacrime salate. I corpi riversi su quel ponte maledetto segnano la fine. Siamo i primi a sorvolare quell'immane tragedia. Quella nave passeggeri carica di sardi, e non solo, che già traguardavano il sogno del rientro nella propria terra, si è drammaticamente arrestata in mezzo al porto di Livorno.

Nave di Stato

A fermarla per sempre una nave mercantile carica di petrolio. Nave di Stato, proprietà dell'Ente petrolifero per eccellenza. Le sembianze navali hanno lasciato l'incedere al fuoco fattosi ruggine. Il volteggio dell'elicottero su quella immensa bara rovente è persistente. Nemmeno i piloti credono ai loro occhi. Volteggiano per capire. Quando la nave sta per essere ormeggiata in banchina la scena del disastro è già alterata. I vigili del fuoco raffreddano le lamiere. L'hangar del porto comincia a trepidare. Lo Stato assente allestisce il muro del pianto. Muro di gomma. Sono passati 29 anni. Ogni anno il rito della commemorazione. Mesta e triste. Con le famiglie delle vittime ogni anno sempre più sole. Processi su processi. Tesi ribaltate, confutate e secretate. Commissioni d'inchiesta parlamentari che fanno luce su quanto omesso nei decenni passati e poi il Tribunale civile di Firenze che, tre giorni fa, rispedisce nel dimenticatoio la sete di giustizia dei familiari della strage di Livorno.

Prescrizione

I giudici liquidano con la prescrizione tutti i fatti inediti emersi nel corso dei lavori della commissione al Senato. Niente da fare, la strage della Moby Prince resta senza colpevoli. Sul molo fumante di Livorno, sin dalle prime battute, va in scena il reato di omertà. Lo Stato mette al sicuro quel che non si deve sapere. Transito di navi americane, bettoline e persino la possibilità di un traffico d'armi nello specchio acqueo del porto.

Sparisce tutto

Già dalle prime ore dalla tragedia, però, si capisce che i tracciati radar spariranno, quelli civili e quelli della vicina base americana. Sparisce tutto, o quasi. In pieno primo lockdown, però, come un fulmine in un cielo torvo e dimesso, si aprono gli scrigni satellitari più reconditi degli Stati Uniti e della Francia. Due satelliti, il Landsat 5 e lo Spot 2, hanno la memoria lunga e, dopo quasi trent'anni di attesa, gli armadi dello spazio aprono i tracciati della loro rotazione sulla terra. L'U.S. Geological Survey ha rielaborato tutte le immagini registrate nello spazio con quell'obiettivo di precisione rivolto perennemente verso il pianeta terra. Il lavoro è immane ma non impossibile. Occorre verificare se quell'occhio sistemato a 705 km da casa nostra ha impresso con precisione millimetrica il teatro della strage.

Archivio dello Spazio

L'archivio "Collection 1 Level 1 products" è quello giusto. Basta misurare i numeri di giri sulla terra e i passaggi su Livorno per andare a colpo sicuro. Ci pensa Alfred Komin un espertissimo geologo satellitare incaricato di una perizia per il rilevamento della posizione della petroliera Agip Abruzzo tramite immagini dallo spazio in campo ottico nella rada di Livorno nel periodo aprile - ottobre 1991. Un range temporale che va dalla collisione alla rimozione della nave dalla posizione di ormeggio in mezzo al mare. La perizia giurata che abbiamo ottenuto integralmente, e di cui pubblichiamo i primi stralci, è la resa dei conti con la verità. Ventisette pagine con coordinate e bande spettrali, dati ricalibrati dal punto di vista radiometrico e geometrico. Le 18 fotografie satellitari riportano indietro la memoria e inchiodano la verità.

La domanda chiave

Fotogrammi che rispondono al quesito principale: è stata la Moby Prince a urtare la petroliera o era l'Agip Abruzzo dentro uno specchio acqueo di mare vietato? Le immagini blindano la risposta come mai nessuno aveva fatto prima. Non chiacchiere, non opinioni, non misurazioni empiriche fatte con l'elastico di Stato. Misurazioni senza appello. I fotogrammi dei due satelliti sono una sentenza: l'Agip Abruzzo era ormeggiata in una posizione vietata. Senza se e senza ma. Il perito appone firma e timbro sulle conclusioni: «Sulla base dell'analisi delle immagini satellitari della rada di Livorno disponibili per il periodo di interesse, è stato possibile determinare con certezza la localizzazione della petroliera Agip Abruzzo che, nelle date comprese tra il giorno 24 aprile ed il giorno 10 ottobre dell'anno 1991, è risultata essere sempre posizionata all'interno dell'area di divieto di ancoraggio e pesca a strascico definita all'epoca del sinistro».

Riaprire il processo

Carte che riaprono di fatto il processo penale con tanti, troppi, punti oscuri che quasi trent'anni dopo attendono ancora una verità finora negata. Il Tribunale di Firenze, quello penale, dopo tanti pareri di parte, ha un riscontro inequivocabile capace di imporre una revisione dell'intero capitolo giudiziario. Il nuovo capitolo di questa storia infinita, con soccorsi mai arrivati e fuga dalle responsabilità, segna un passaggio decisivo, sia sul piano penale che civile.

Miliardi di assicurazioni

Con questi elementi si riapre anche un altro fronte rimasto da sempre inesplorato: i rapporti assicurativi tra la Navarma della famiglia Onorato e la Snam, la società dell'Eni. Con un'intesa siglata due mesi dopo la tragedia i due armatori si accordarono senza colpo ferire. Nessuna responsabilità e miliardi di risarcimento per catorci assicurati come navi da crociera. Questo, però, è un altro capitolo di una strage che da oggi ha un testimone inconfutabile: il rilievo satellitare di quella notte di fuoco.

Mauro Pili
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