Prenderà il via il 12 ottobre prossimo il processo nato dall'inchiesta sulla presunta truffa legata alla costruzione del carcere di Uta, durata oltre un decennio. Secondo il pm Emanuele Secci lo Stato avrebbe pagato milioni di euro per lavori mai eseguiti. Domani, il giudice Ermengarda Ferrarese concluderà l'udienza preliminare esaminando le posizioni di due indagati che erano stati stralciati per difetto di notifica, mentre altri 9 sono già stati rinviati a giudizio.

L'udienza preliminare

Domani compariranno davanti al Gup Ferrarese il costruttore Roberto Gariazzo e Paolo Gaspari, uno dei componenti della commissione di collaudo. Le notifiche inviate non erano andate a buon fine e la giudice aveva deciso di stralciare le loro posizioni dagli altri 10 indagati. Per uno, Francesco Fazi, 69 anni, nato a Treviso ma residente in Portogallo e direttore di cantiere, il giudice ha già dichiarato l'estinzione del reato per avvenuta prescrizione. Tutti gli altri, dovranno comparire il 12 ottobre davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Cagliari, presieduta dal giudice Giovanni Massidda.

L'inchiesta sui lavori

Per il pubblico ministero Emanuele Secci, che ha coordinato la lunga inchiesta della Procura sulla costruzione del carcere di Uta, i lavori sarebbero stati realizzati in modo manifestamente non conforme rispetto a quanto previsto dal contratto e dal capitolato d'appalto. Un esempio? Per il pm sarebbe stato dichiarato il conferimento in discarica di 380 mila metri cubi di materiale ricavato dagli scavi, quando in realtà per gli investigatori non sarebbero più di 130 mila. Conti gonfiati, dunque, che si sarebbero materializzati indicando costi più elevati del reale anche per gli infissi, i bagni e tanto altro ancora, ma anche interventi messi a rimborso e mai eseguiti. Tra i tanti punti dell'appalto messi sotto la lente d'ingrandimento della Procura anche l'edificio per i colloqui dell'alta sicurezza del padiglione per i detenuti al 41bis che non è mai stato costruito.

I rinviati a giudizio

Il Gup Ferrarese ha già disposto il rinvio a giudizio per il 58enne Alessandro Gariazzo, fratello di Roberto che comparirà domani davanti al giudice per le udienze preliminari. I due sono rispettivamente legale rappresentante e procuratore generale della società Opere pubbliche che nel 2005 aveva cominciato a costruire il penitenziario nelle campagne di Uta. Cadute, come detto, le accuse per Francesco Fazi, il 12 ottobre inizierà, invece, il processo per Mariella Mereu e Maria Grazia Carta, 67 e 40 anni, di Settimo San Pietro, la prima direttrice dei lavori nell'appalto, la seconda direttrice operativa di cantiere e progettista nell'appalto. A giudizio anche Giovanni e Carlo Guglielmi, 64 e 60 anni, residenti a Latina e Olbia, il primo provveditore regionale delle Opere pubbliche per Lazio, Abruzzo e Sardegna dal gennaio 2009 al settembre 2010 e presidente del comitato tecnico amministrativo nel marzo 2009, il fratello responsabile unico del procedimento in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori dall'aprile 2010 all'ottobre 2011 e poi dirigente del provveditorato delle Opere pubbliche a Cagliari dall'ottobre 2007 al settembre 2011 e dal maggio 2016 al settembre 2017. A dibattimento anche Walter Quarto, 53, di Cagliari, responsabile unico del procedimento nell'appalto in due periodi e sino al maggio 2016; Pierluigi Sanna (61 anni) di Cagliari, direttore operativo di cantiere e collaboratore alla progettazione, incaricato di verificare la regolarità e congruità tecnico-contabile dei lavori; Vincenzo Pozzi, 70 anni, di Roma, presidente della commissione di collaudo e Antonio Porcheddu (55), di Sassari. Nel caso il Gup Ferrarese disponesse domani anche il rinvio a giudizio di Roberto Gariazzo e Paolo Gaspari, stralciati dagli altri, il loro procedimento potrebbe essere riunificato, ma in quel caso la prima udienza del processo potrebbe saltare.

Milioni di euro

Per la costruzione del supercarcere di Uta sarebbero stati liquidati dallo Stato circa 80 milioni di euro, ma secondo la Procura l'intervento sarebbe costato in realtà 60 milioni. Da qui un'ipotesi di reato di un presunto peculato da 20 milioni di euro.

Francesco Pinna

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