Il fregio antico dei trasporti via mare dal porto romano di Ostia verso Turris Lybisonis, l'attuale Porto Torres, irrompe nel palazzo del marchese Giovanni Diana, sede del Tar della Puglia, nel cuore di Bari, quando nella sala delle udienze la campanella è appena suonata. La Camera di Consiglio della terza sezione, a porte rigorosamente chiuse, ammessi solo gli avvocati delle parti, è presieduta dal rigore di Orazio Ciliberti. Estranei fuori, dentro una pletora di legali pronti a darsele di santa ragione pur di conquistare quel malloppo di fanghi d'oro che le fogne della Puglia producono come una zecca dello Stato.

Sessanta milioni di fanghi

La partita è colossale, in ballo ci sono 30 milioni di euro, che possono diventare 60, se l'appalto per lo smaltimento dei fanghi fognari venisse prorogato da sei mesi a un anno, ipotesi più che probabile. Si spiega solo così lo schieramento di toghe in un processo per adesso tutto amministrativo davanti ai giudici del Tar di Bari. Legali mobilitati, come se non ci fosse un domani. In ballo la contesa fognaria del secolo, quella che tiene con il fiato sospeso regioni e affaristi, trasportatori del ben di fogna che dai trulli agli agglomerati urbani intorno a Taranto, Lecce, Barletta devono raggiungere le coste e le strade della Sardegna. L'udienza delle nove è convocata per essere decisiva. Le società avversarie nella gara dei reflui pugliesi hanno dichiarato guerra ai propugnatori dei fanghi fognari destinati alla Sardegna.

L'accoppiata

L'indiziata numero uno è la Emmegi Ecologia, quella del potente Giovanni Carella, barese doc, da tempo in affari con la Domus, società a responsabilità limitata nel pieno possesso della famiglia sassarese di Raffaele Patteri, potente famiglia di ingegneri, attiva come poche nel campo delle progettazioni e dei rifiuti, dall'acqua ai reflui fognari pugliesi. Sotto attacco c'è quel connubio che ha fatto delle strade sarde, da Sassari a Magomadas, una via crucis di puzza e rifiuti. I contendenti delle fogne d'oro pugliesi hanno impugnato l'assegnazione alla compagine sardo barese di ben 50.000 tonnellate di melma da spedire in Sardegna, 35 mila da inviare nell'impianto sequestrato dalla Procura di Oristano nel cuore della Planargia e le altre 15 mila da inviare nella discarica di Barrabò, quella del Consorzio industriale provinciale di Sassari, ai confini con la terra di nessuno, quella devastata senza pudore da enti di Stato e profittatori vari. Le argomentazioni per sottrarre quella montagna di fanghi ai soci di Sassari e Bari, e trasferirla chissà dove, sono tutte tecniche e giuridiche. A far saltare una parte del gioco ci ha pensato la Procura di Oristano.

La via sicula

I fanghi destinati a Magomadas andranno a Marsala, attraversando la Sicilia da est a ovest, giusto per garantire qualche giro di ruota ai camion predestinati al trasporto di cotanto prezioso carico. Lo ha comunicato la Emmegi direttamente al motore dei fanghi, l'Acquedotto Pugliese, società di diritto pubblico che da anni smaltisce in emergenza quella che dovrebbe essere un'ordinaria e corretta gestione dei reflui fognari di una regione di ben quattro milioni di abitanti. Gli avversari mettono in discussione il cambio di rotta per una parte dei fanghi, dalla Sardegna alla Sicilia, avvenuto durante la gara d'appalto e chiedono l'esclusione dell'accoppiata Emmegi-Domus. Il Tar avrebbe dovuto chiudere la partita ieri mattina. Salvo colpi di scena, che puntualmente hanno fatto irruzione quando le carte erano già tutte sugli scranni dei giudici. Come un fulmine, quando l'udienza sta per aver inizio, irrompe nella Camera di Consiglio un deposito di «Motivi aggiuntivi», quelli dell'ultim'ora. Una delle concorrenti, la Verde Ambiente, società toscana, è riuscita ad intercettare il comunicato del Consorzio Industriale di Sassari con il quale l'ente pubblico del nord dell'Isola prendeva posizione sull'ultima inchiesta pubblicata da L'Unione Sarda tra il 29 agosto e il 3 settembre scorso.

L'inchiesta

Negli atti pubblicati dal nostro giornale erano emersi documenti importanti con i quali la Domus srl aveva dichiarato di disporre della discarica di Barrabò e altrettanto aveva sostenuto la Emmegi, affermando di aver a disposizione persino un contratto con quell'ente. La pubblicazione di quei documenti scatenò un putiferio. La Provincia di Sassari aveva immediatamente diramato una disposizione che vietava a qualsiasi discarica di ricevere quei rifiuti provenienti dalla Puglia e da qualsiasi altra regione e il Consorzio industriale era costretto ad una smentita pubblica di quegli atti comparsi a Bari. La "Navic Turritani", riproduzione del mosaico rinvenuto nel piazzale delle corporazioni nel cuore antico di Ostia, a testimonianza degli antichi traffici tra l'antica Roma e la Sardegna, è il simbolo sulla carta intestata del Consorzio industriale sassarese. Il documento inviato al nostro giornale potrebbe far saltare i giochi e aprire scenari non solo amministrativi nell'esito della decisione del tribunale pugliese.

Il blitz nella notte

Gli avvocati della società avversaria si buttano a capofitto. L'atto del consorzio industriale è dirompente e lo depositano come pietra tombale su una vicenda che sconfina sul penale. I motivi aggiunti sono tutti richiamati nella nota prot. n. 5450/2020 del 4.9.2020 inviata al direttore del quotidiano L'Unione Sarda. E la frase sottolineata e in grassetto non ammette ripensamenti: «Il Consorzio Industriale Provinciale di Sassari non ha mai autorizzato alcun conferimento di rifiuti provenienti dalla penisola né ha in essere alcun contratto con la Domus o con altri. Con la Domus vi è stata nulla più di una semplice interlocuzione via mail nel maggio scorso, in seguito alla quale il ns Ente non ha neppure avviato la fase istruttoria per l'eventuale accettazione dei rifiuti in argomento». Punto e basta. I legali, però vanno oltre: «La circostanza che il Consorzio Industriale Provinciale di Sassari non ha mai autorizzato alcun conferimento di rifiuti provenienti dalla penisola né ha in essere alcun contratto con la Domus prova senza alcun dubbio la assoluta falsità di quanto certificato in gara dalla Emmegi Ecologia. La palese falsità di quanto dichiarato in sede di partecipazione dalla Emmegi Ecologia avrebbe dovuto comportarne, l'immediata esclusione dalla gara. Così, tuttavia, non è stato».

L'ultima parola

I giudici leggono rapidamente il peso dei motivi aggiuntivi e comprendono al volo che la partita assume una piega diversa. Nelle carte ci sono due elementi inchiodanti: la Procura di Oristano ha sequestrato l'impianto di Magomadas e il Consorzio industriale ha messo nero su bianco la formula del de profundis per quei carichi: mai autorizzati. La partita è milionaria ma portare i fanghi fognari in Sardegna a dispetto degli atti e delle sentenze è affare improbabile. Del resto quell'antico simbolo delle Navic-ularii Turritani, sbarcato nel palazzo del Tribunale di Bari, simboleggia il traffico intenso e continuo tra Turris e Roma. Tra le merci c'era di tutto dal grano al granito della Gallura, dai cereali ai minerali sardi. Niente fanghi fognari e niente rifiuti. I giudici del Tar pugliese si sono riconvocati per il 7 ottobre prossimo. Dovranno decidere se cancellare per sempre quei contratti d'oro per trasportare nell'isola del grano quei fanghi putridi che producono solo denari, puzza e inquinamento.

Mauro Pili
© Riproduzione riservata