Diecimila euro: è la somma che serviva a riportare in Calabria le salme di Davide e Massimiliano Mirabello, i due fratelli uccisi a Dolianova due mesi fa. Dopo il ritrovamento dei corpi, rimasti per due mesi in un terreno poco lontano dal paese, abbandonati in mezzo alla macchia mediterranea alle intemperie e agli animali selvatici, e dopo l'autopsia, la famiglia si è trovata a dover affrontare, oltre allo strazio, anche una spesa che, con le difficoltà imposte dall'emergenza coronavirus, si è rivelata proibitiva. Per fortuna, si è messa in moto la macchina della solidarietà: la somma è stata raccolta in un solo giorno. E superata.

È Luana Piano, la compagna di Massimiliano Mirabello, a raccontare com'è andata. Parla da Roma, dove da più di un mese ha raggiunto le cognate Eleonora, Caterina e Maria Adelaide: «Per il funerale ci siamo affidati a una ditta di onoranze funebri, in Calabria, gestita da cugini dei ragazzi. Si sono accordati con un'agenzia di Cagliari: le salme viaggeranno in aereo da Cagliari-Elmas a Lamezia Terme, e saranno tumulate a San Gregorio di Ippona». Ma come fare con i soldi?

«Una bellissima sorpresa»

Gli stessi cugini dell'agenzia funebre hanno avuto l'idea di promuovere una raccolta. Si è mossa la famiglia, molto numerosa e legata da un rapporto fortissimo di solidarietà, poi si sono mobilitati gli amici. Dopo un annuncio su Facebook, sono arrivate tante adesioni. Inizialmente dalla Calabria, poi anche da Dolianova, il paese del delitto, il paese dei due accusati principali, in carcere da tre settimane: l'allevatore Joselito Marras, 52 anni, che ha confessato e ha cercato di assumere su di sé tutte le responsabilità, e suo figlio Michael, 27. «È stata, finalmente, una bella sorpresa ricevere messaggi di vicinanza e di partecipazione al nostro dolore e segni di generosità anche da persone del paese che non conosco», ammette Luana.

Da Dolianova, per tutto febbraio, quando i corpi dei fratelli Mirabello non si trovavano ma a Funtana Pirastu restava il loro sangue sull'asfalto, Luana e le cognate si erano sentite abbandonate. L'avevano anche detto pubblicamente: durante le indagini nessuno si era avvicinato per dare un segno di vicinanza, di affetto, di condoglianze. Nemmeno il sindaco, nemmeno il parroco.

Figlia di emigrati

«Dolianova è il mio paese», dice ora Luana. «Io sono nata in Olanda 31 anni fa, quasi 32, e in Olanda sono vissuta fino a quando ne ho avuti 21. Da allora ho vissuto a Dolianova, che è il paese di mio padre. Undici fratelli: mio padre e altri quattro all'estero, gli altri a Dolianova. In paese ci conoscono, sanno chi siamo: "i Pifanio" , dal nome di mio nonno Epifanio, gente che ha sempre lavorato. Lì ho passato ogni estate fino ai 14 anni, lì mio fratello ha fatto le scuole. Negli ultimi dieci anni ci ho vissuto, ho votato, ho sempre portato miei figli in chiesa, il più grande ha anche fatto il chierichetto. Quella solitudine, in quelle settimane tremende, è stata terribile. Attorno a noi c'era un muro di omertà. Ora capisco: molti non si sono avvicinati per paura».

Il primo a farsi avanti, in questi giorni, è stato un conoscente. «Mi ha contattato in privato e mi ha detto che voleva fare una donazione ma non sapeva come fare». Poi è apparso un post sul gruppo Facebook "Sei di Dolia se...". E anche Dolianova si è mossa: «Ad aiutarci sono stati davvero tanti e li voglio ringraziare uno per uno».

La croce e le magliette

E non sono arrivati solo i soldi: «Alcuni amici hanno deciso che nel luogo dove i ragazzi sono stati trovati metteranno una croce con le loro foto. Mi ha anche commossa il fatto che qualcuno abbia chiesto per loro il lutto cittadino o almeno un minuto di silenzio in segno di rispetto».

Ora il pensiero è già al funerale, che dovrà sottostare alle regole rigide stabilite per evitare la diffusione del contagio. «Noi ci saremo, e indosseremo le magliette speciali che ci siamo fatte fare. Ci sono le foto di Massimo e Davide, le scritte "ci batteremo noi per voi" e "noi e solo noi" e un cuore».

Marco Noce

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