Dice Matteo Salvini, dalla Versilia, con una prudenza che quasi stupisce: "Andrò in Aula ad ascoltare il mio presidente del Consiglio, a capire che idea dell'Italia ha, poi deciderò da persona libera". Quasi una coccola, nell'ora più delicata. Sono svaniti i toni di guerra, sembra che la mozione di sfiducia non sia stata mai presentata. Ed è per questo che oggi, comunque vadano le cose, è curioso che il pallino della crisi lo ha in mano lui. Ovvero Giuseppe Conte avvocato, da Volturara Appula, Puglia: sottovalutato da tutti, quando divenne premier, talvolta persino irriso, e poi saltato fuori dal gruppone di testa dei maratoneti di governo gialloverde, come certi fondisti africani che, dopo essere partiti ultimi, alla fine arrivavano primi al traguardo.

Nota curiosa. Dovevano cucinarlo alla brace, dimissionarlo con un calcio nel sedere, invece è lui che ha in mano il destino del "governo del cambiamento", solo lui che può decidere se alla fine si intonerà un "Ricominciamo", alla Adriano Pappalardo (copyright, Marco Minniti) o se staccherà la spina, "This Is the End" (come cantavano i Doors che ascoltava da ragazzo).

Chiudere la storia del governo andando al Colle come per un pokerista giocare tutta la posta nel piatto, lasciare per ottenere un reincarico. Meravigliosa sliding door, un passaggio intrigante per chi ama le porte girevoli che fanno volare le carriere. Non tutti sanno che Conte fu reclutato nel mondo pentastellato, con un gioco di ribaltamento, dal suo ex assistente (occasionale) a Giurisprudenza a Firenze, un - allora - giovanissimo Alfonso Bonafede.

A raccontarmelo è stato proprio l'ex ministro della Giustizia, con una punta di divertimento: "Noi dovevamo designare un nome nel Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e volevamo uno competente, che rompesse il rito della lottizzazione. Così lo chiamai e gli dissi: 'Professore, vogliamo indicare te'. Conte rimase interdetto. Fece una pausa. E poi mi disse: 'Alfonso, ma tu lo sai che io non vi ho votato?'. Infatti aveva votato Pd. Così la pausa, stavolta, la fece Bonafede: 'A noi non ci interessa chi hai votato nel 2013, ma come svolgerai questo incarico. Ci interessano i tuoi valori e la tua libertà'". Scelta gravida di conseguenze. Da lì Conte finí nel governo ombra. E dal governo ombra a Palazzo Chigi.

Ma da presidente del Consiglio Conte, poi, ha fatto cinque mosse che hanno fatto salire le sue quotazioni dallo stigma di avvocato di provincia ad attore di primo piano. 1) Ha chiuso la trattativa con l'Europa sulla procedura di infrazione senza manovre correttive. 2) Ha portato il M5s nell'euro-maggioranza facendolo diventare determinante nell'elezione di Ursula Van Der Leyen. 3) Ha chiuso la tormentatissima saga della Tav (sbarrando però la strada alla Lega sulle Autonomie). 4) Ha costretto Salvini a portare la crisi in Parlamento fermando la corsa al voto. 5) Ha duellato per via epistolare con lui su Open Arms diventandone l'antagonista.

Il leader della Lega vorrebbe rimuoverlo e promuoverlo, spedendolo in Europa a fare l'eurocommissario al posto di Giorgetti. Ma il premier non sembra il tipo che preferisce l'uovo oggi alla gallina domani. Un giorno Conte mi raccontó che da studente fuorisede, condivideva con altri studenti per 300 mila lire al mese un appartamento a La Rustica (fuori dal raccordo anulare) e - diceva sorridendo - "uscivo alle sei, prendevo quattro autobus ma arrivavo sempre tardi". La madre lesse un trafiletto su "Famiglia Cristiana" e lo spedì al collegio Nazareth, la scuola quadri di monsignor Silvestrini. Gli assistenti erano due ragazzi che avrebbero scalato le gerarchie vaticane, come Dario Viganó e Pietro Parolìn.

Conte vinse la borsa di studio, selezionato dalla professoressa Groppelli. Ma dovette lasciare il posto a uno studente più povero: "Sai Giuseppe, qui applichiamo la parabola dei talenti. Lui ha più bisogno di te". Fu un passo indietro che gli cambiò la vita, perché fece una impressione così buona che appena laureato lo richiamarono nel consiglio direttivo della scuola. Anche oggi, a ben vedere, Conte è davanti un bivio: o prende il biglietto per l'Europa, come vuole Salvini, sta cinque anni a Bruxelles ed entra nel club delle riserve della Repubblica. Oppure stacca la spina, salta senza rete, e si prende i gradi di Statista. Godetevi lo spettacolo.

LUCA TELESE
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