Nel 2020 la Sardegna ha visto calare drasticamente il numero degli occupati (-27%) e crescere quello degli inattivi (+28%).

Secondo l'Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro (Aspal) si tratta di dati allarmanti che ben fotografano il peggioramento di un mercato del lavoro sardo in cui molte persone, scoraggiate dalla situazione, non solo non hanno più lavoro ma hanno persino rinunciato a cercarlo.

In particolare, sarebbero le donne e i giovani ad aver pagato il prezzo più alto in termini di occupazione con tassi del 45,1% per le prime contro il 59% degli uomini, e del 40,9% dei secondi contro il 29,4% della media nazionale. Peggiora anche la qualità del lavoro con i contratti part-time e a tempo indeterminato in crescita su full-time e contratti a tempo indeterminato.

Sassari è la provincia che ha i dati peggiori (-11% di occupati, +15% di inattivi). I centri che hanno sofferto di più sono quelli a forte vocazione turistica (come Olbia, Castelsardo e Muravera) e quelli che ospitano i grandi hub di servizi a livello regionale (Cagliari e Sassari). La crisi sembra invece aver risparmiato maggiormente i territori dei centri per l'impiego dove è presente un settore agricolo forte come Terralba, Senorbì, Isili, Sanluri e Bonorva: in queste aree le variazioni percentuali negative delle assunzioni sono molto inferiori alla media degli altri territori regionali.

Se agricoltura e pesca mantengono gli stessi livelli del 2019, ci sono poi due settori in crescita: servizi domestici e servizi finanziari. Quest'ultimo, in particolare, ha visto crescere le assunzioni del 23%.

Infine, sottolinea Aspal, i livelli di istruzione continuano ad avere un valore elevato: i tassi di occupazione tra i laureati sono più che tripli rispetto a chi ha la licenza elementare o nessun titolo (il 77,5% contro il 25,8%) e il tasso di occupazione dei laureati è lievemente cresciuto.

(Unioneonline)
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