Prof non ho la linea. Mi si è rotto il pc. Ho finito i giga. Non sono solo scuse del tipo "il gatto mi ha mangiato i compiti" ai tempi della teledidattica imposta dall'emergenza sanitaria. Il divario digitale, nelle reti ma anche nelle possibilità di accesso ai mezzi e nelle competenze informatiche, è un macigno che pesa sulla scuola a distanza e che aumenta le differenze già esistenti nell'istruzione in Italia. E non solo: dallo smart working alle certificazioni delle pubbliche amministrazioni, dove gli uffici sono quasi tutti chiusi, le nuove esigenze hanno messo in luce le difficoltà di chi non è connesso nella società digitale. La stessa autocertificazione, necessaria per spostarsi in caso di necessità, ha bisogno di una connessione internet e una stampante per essere acquisita. Secondo i dati del 2018 pubblicati dall'Unione Europea nel Desi (digital economy and society index) l'Italia è al venticinquesimo posto su 28 paesi per l'efficienza digitale degli Stati seguita solo da Grecia, Bulgaria e Romania. Il 25 per cento delle famiglie italiane non ha una connessione, in una media tra chi ha alti livelli di istruzione e figli minori e i più anziani con basso titolo di studio.

IL DIGITAL DIVIDE Il divario digitale, o digital divide, è per definizione la divisione tra chi ha accesso ad internet e chi non ce l'ha che crea veri e propri meccanismi di esclusione sociale, culturale ed economica. Tanto che il Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite ha considerato, in una risoluzione, l'accesso ad internet un diritto fondamentale dell'uomo come parte della libertà di espressione e strumento "per accedere alle informazioni e per facilitare la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione delle società democratiche". Esiste un digital divide generazionale, che riguarda gli anziani, di genere, che colpisce le donne non occupate, linguistico-culturale, che riguarda gli immigrati. O ancora i disabili, le persone detenute o in generale chi ha bassi livelli di scolarizzazione.

A SCUOLA Dal 9 marzo per andare a scuola si accende il pc, il tablet o lo smartphone nelle camerette dei ragazzi o negli spazi di famiglia. Ma è una scuola che non è uguale per tutti. L'allarme sull'impatto della didattica a distanza sulle diseguaglianze tra bambini e ragazzi è stato lanciato da diverse organizzazioni che si occupano di temi educativi e di tutela dei minori. "La didattica a distanza - scrive Action Aid - raggiunge solo studentesse e studenti che possano contare sul supporto della famiglia, il cui ruolo diventa oggi ancora più importante. Inoltre la dotazione informatica casalinga ha un impatto importante e non tutti hanno gli strumenti necessari per partecipare in maniera adeguata alle lezioni". Per i più fragili in assoluto, poi, rileva la Ong, la scuola è anche l'unico luogo di aggregazione positiva e che assicura almeno un pasto al giorno equilibrato.

Dal punto di vista materiale, il Governo sta provando a correre ai ripari. Il decreto Cura Italia prevede per quest'anno uno stanziamento di 85 milioni destinato alle scuole italiane per permettere una diffusione più ampia della didattica a distanza. Ben 70 sono destinati ad acquistare device per gli studenti che non possono permetterseli, dieci sono destinati alla dotazione di piattaforme e strumenti per l'apprendimento a distanza, cinque per la formazione degli insegnanti. Sono inoltre previste assunzioni temporanee di mille tecnici informatici per supportare le scuole in questa fase di emergenza. La verità è che la rivoluzione digitale, prima di oggi, non aveva mai investito in pieno gli istituti se è vero, come dicono i dati che il 25 per cento delle scuole è indietro anche nella piena applicazione del registro elettronico. Restano due nodi cruciali: l'inadeguatezza delle connessioni e le competenze digitali degli insegnanti, legate anche allo scarso ricambio generazionale.

ESPERIENZE SUL CAMPO Intanto le scuole sarde cercano tutte le strade possibili per rispondere alle esigenze degli alunni. "Noi stiamo già concedendo in comodato d'uso agli studenti tutti i pc portatili che abbiamo a disposizione a scuola", racconta Luigi Antolini, dirigente del Liceo scientifico e delle scienze umane Mossa di Olbia che con i suoi oltre 900 studenti è la più frequentata scuola gallurese. E non è solo un problema economico per le famiglie. "Poniamo che in casa ci siano due genitori che fanno smart working e due figli studenti. Non è detto che la famiglia disponga di quattro computer da usare contemporaneamente. Molte persone si sono trovate così in difficoltà". E oltre a diversi computer per famiglia, servono anche reti in grado di reggere tante connessioni, anche se questo non è un problema che può risolvere la scuola. "Ora acquisteremo nuovi computer grazie ai finanziamenti del Governo - spiega ancora Antolini - a noi toccheranno sei o sette mila euro, quindi grosso modo potremo acquistare 12 o 14 computer. Ma la vera questione, al di là dei mezzi, è trovare il modo di sfruttare tutte le potenzialità della didattica a distanza, una scommessa che ci impegna profondamente".
© Riproduzione riservata