Non mancano in questi giorni commenti, articoli e anche previsioni sulla pandemia in atto e sulle sue possibili conseguenze. Ci avvolge, alla fine, quasi un frastuono di parole ed è difficile orientarsi tra pareri di tecnici e specialisti non solo in contrapposizione tra loro, ma spesso in competizione. L'economista Giulio Sapelli, grande studioso delle dinamiche della politica e dell’economia globale, ha scelto allora di affidare le sue analisi a un breve saggio quasi nella consapevolezza che mai come in questo momento verba volant, scripta manent e che bisogna evitare troppi giri di parole e andare viceversa dritti al punto se si vuole emergere dalla massa. E la posizione di Sapelli di fronte alla crisi attuale è chiara fin dal titolo di questo suo ultimo lavoro: "2020 Pandemia e resurrezione" (goWare e Guerini e Associati, 2020, pp. 128. e-book. Disponibile nella versione stampata su richiesta).

Il libro, caratterizzato dall'abituale approccio diretto e dall'acuta capacità di analisi dell'autore, si spinge, infatti, ben più in là della mera cronaca e mostra come il diffondersi della pandemia e anche l'impreparazione nella sua gestione sia il frutto malato e virulento della società in cui abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni. Il Coronavirus è quindi un dono avvelenato della Natura, ma i suoi effetti devastanti sono anche dovuti a un sistema economico globalizzato sempre più incontrollato e incontrollabile e a un arretramento della governance da parte della politica e dello Stato. Tutto questo ha messo gli interessi privati in diretto antagonismo con gli interessi pubblici e ha portato al prevalere dell’interesse particolare su quello generale. Il risultato sono, per esempio, le carenze della sanità che abbiamo avvertito nel nostro Paese, la mancanza nel Belpaese di un sistema industriale capace di far fronte all'emergenza ospedaliera, i balbettamenti di tanta politica nostrana. Allo stesso tempo nell'odierna emergenza sono emerse le incapacità di coordinare la risposta da parte dei diversi attori in campo (organismi internazionali e governi nazionali), oltre al prevalere degli interessi localistici e particolari.

Ma non è certo il passato e non è solo il presente che interessano Sapelli. L'economista torinese si spinge a raccontarci come la pandemia possa essere occasione di trasformazione e resurrezione se si saprà nuovamente porre al centro della scena la necessità di un governo della politica e se si recupererà il ruolo dello Stato come garante del bene pubblico contro i meri interessi privati. Per l’autore diventa quindi fondamentale mettere fine al dominio del mercato e riportare il lavoro al centro del discorso politico, sociale ed economico. Lavoro che vuol dire prima di tutto innovazione e un ritorno a una concezione della tecnologia come strumento al servizio dell'uomo. E per Sapelli il lavoro umano deve essere inteso come strumento per garantire equità sociale e benessere dell'individuo e delle comunità e portare a un generale miglioramento all'interno della società. Insomma: se la pandemia è veramente destinata a cambiarci, perché non provare a gestire questo cambiamento e migliorare le cose ci dice Sapelli.

E ci interroga con una domanda di non facile risposta: davvero prima del virus la nostra società era sana e salutare?
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