Si è già scatenato un caso attorno al film di Woody Allen "A rainy day in New York", che potrebbe uscire a breve negli Stati Uniti ma "forse solo in streaming".

La prudenza nella diffusione del lavoro è legata alle recenti vicende di cronaca che hanno visto coinvolto il regista, con le dichiarazioni della figlia adottiva Dylan Farrow che ha ribadito di essere stata molestata da Allen all'età di 7 anni.

Il regista ha già negato tutte le accuse, chiamando in causa il risultato di due indagini del 1992 e del 1993.

In sua difesa si è schierata anche l'ex moglie Soon-Yi.

Ma il film è rimasto nel cassetto in molti Paesi, fra cui l'Italia, ed è di questi giorni la mobilitazione di alcuni influenti critici cinematografici, fra cui il regista e scrittore Giulio Laroni, che chiedono per il lavoro "la più ampia circolazione possibile".

"Crediamo che impedire al pubblico e alla critica di vedere un film - recita l'appello - sia la spia di una pericolosa visione autoritaria della creazione artistica".

Con riferimento alle vicende giudiziarie di Allen, i critici spiegano come non sia loro intenzione "entrare nel merito di questa vicenda, di cui non ci sfuggono la delicatezza e la gravità. Ci preme invece spostare la questione su un binario diverso, quello della differenza - fino a non molto tempo fa scontata - tra opera e artista. È inutile ricordare - come scrissero Proust, Croce e tantissimi altri - che la condotta di un artista non può influire sul giudizio del critico né deve indurre a censurare la sua opera. È altresì inutile citare la miriade di grandi artisti, da Caravaggio in poi, che si sono resi responsabili di atti criminali".

"Molti di noi – prosegue l'appello - appartengono a una generazione che ha lottato per poter vedere e giudicare, da antifascisti, i film del Ventennio; che ha letto Celine senza pregiudizi o preconcetta ostilità; che si è battuta contro ogni forma di censura morale, politica o ideologica, anche quando veniva da sinistra. Crediamo che impedire al pubblico e alla critica di vedere un film, pur se per i motivi più nobili, sia la spia di una pericolosa visione autoritaria della creazione artistica".

"Come critici – si legge ancora - rivendichiamo il diritto a conoscere e a studiare l'opera di Woody Allen, vincitore di quattro premi Oscar, cineasta fondamentale - al di là dei giudizi che se ne possono dare - e parte integrante della storia del cinema. Come pubblico, respingiamo ogni tentativo di vederci disconosciuta la facoltà di valutare liberamente e autonomamente un film, qualsiasi sia il suo autore. A questo si aggiunga che 'A rainy day in New York' si giova della fotografia del tre volte premio Oscar Vittorio Storaro, uno dei più importanti autori della fotografia contemporanei".

(Unioneonline/v.l.)
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