Il muflone come il nuraghe. Icona di un'Isola, simbolo della sardità più antica e radicata. A dirlo è il Dna, a certificarlo sono i recenti studi di genomica e bioinformatica di uno studioso sardo che su questa specie ovina ha incentrato la sua tesi di dottorato di ricerca.

Mario Barbato , 39 anni oristanese, assegnista di ricerca all'università di Piacenza nell'istituto di genetica animale e zootecnica, su base scientifica può sostenere che "il muflone è una risorsa che va ben al di là dei confini della nostra Isola: è la specie più peculiare presente in Europa".

Laurea in Biotecnologie industriali a Oristano, specialistica in Biotecnologie molecolari a Sassari, studi all'università di Cardiff in Galles, Barbato nella sua ricerca si è concentrato sulla storia evolutiva e demografica degli ovini.

LA RICERCA - "Il muflone sardo è il risultato di una domesticazione dei vari ovini selvatici avvenuta nella Mezzaluna fertile intorno a diecimila anni fa - spiega il ricercatore - e da quella zona storica del Medioriente, con le prime migrazioni, i mufloni sono stati poi portati in tutta Europa". Era un'epoca in cui i mufloni erano diffusi ovunque, poi lo stravolgimento. "Circa quattromila anni dopo quell'evento c'è stata una seconda domesticazione, quella che io definisco 2.0, - osserva Mario Barbato - un fenomeno che ha portato agli ovini selezionati che abbiamo ancora oggi, ma con una migliore produzione di lana, latte mentre fino a quel momento erano stati una sorta di riserva esclusiva per la carne".

In questo quadro generale, a poco a poco i mufloni sono spariti dall'Europa, resistendo solo in certe zone come la Sardegna, la Corsica e Cipro. "Sono rimasti e sopravvissuti nelle aree più aspre e impervie, quelle meno segnate dalla presenza dell'uomo. Solo verso il diciottesimo secolo i mufloni sardo-corsi vengono riportati nelle altre zone d'Europa".

LA GENETICA - Nel Dna hanno il marchio sardo-corso. "La popolazione dei mufloni sardi è la più numerosa, l'ultimo censimento parla di circa 6mila esemplari ed è quella che gode della migliore salute genetica". Con grande disinvoltura e semplicità, Barbato chiarisce subito il concetto anche ai profani. "Quest'esemplare ha una buona varietà di genoma che implica una migliore capacità di sapersi adattare a diverse situazioni e a fenomeni di stress - spiega - ad esempio la capacità di sapersi adattare e sopravvivere ai cambiamenti climatici è data proprio dalla variabilità nel genoma".

BARBAGIA - "Nelle zone del Gennargentu o dell'Ogliastra capita spesso che ci siano incontri tra pecore e mufloni - va avanti - ma non sempre questi accoppiamenti sono un elemento positivo perché la presenza di ibridi può disturbare la purezza del genoma del muflone, si rischia di perdere la sua peculiarità più antica". Ebbene, dalle ricerche è emerso che il muflone sardo è resistente a contaminazioni. "Ho verificato che non c'è una presenza importante del domestico, ci sono poche caratteristiche della pecora - chiarisce - mentre negli ovini c'è un dieci per cento di genoma del muflone. Questo significa che ad un certo punto della storia, con la seconda ondata di domesticazione, i mufloni hanno fornito alle pecore quelle varianti utili per sopravvivere e adattarsi".

Il muflone è quindi una straordinaria ricchezza, sopravvissuto nella sua specificità genetica a cambiamenti e incroci con altre specie. "È l'ultima popolazione esistente e autoctona che rappresenta la prima ondata di domesticazione della pecora - ribadisce - è rimasto puro e credo che sarebbe il caso di riconoscere questa sua unicità". Barbato sa bene che i sardi lo tengono già in grande considerazione, ma lui va oltre e ha un sogno: "Che diventi l'icona della nostra terra, a pieno titolo può aspirare a questo riconoscimento".

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