Le indagini si sono concentrate sul periodo (maggio 2009) in cui Giovanni Battista Zurru è diventato presidente della società. Zurru si è subito avvalso dell'aiuto di Marco Tuveri, operaio dell'Igea, e poi sindacalista diventato suo braccio destro e autista, legato da una relazione con Daniela Tidu dipendente del parco Geominerario e segretaria della Igea.

Tuveri insieme con l'ex presidente avrebbe utilizzato i beni della società con le quali avrebbero raggiunto ristoranti, centri commerciali o addirittura per recarsi a cercare funghi. Ma non solo. Sempre in collaborazione con l'ex presidente, Tuveri - sempre secondo l'accusa - avrebbe utilizzato un locale della miniera di Masua nel quale veniva stoccato materiale rubato dall'azienda e gasolio rubato, poi diventato regalia per il voto di scambio. Avevano installato all'interno un silos della capienza di 600 litri. Un altro silos Tuveri lo aveva costruito artigianalmente nella sua abitazione, dal quale facevano rifornimento anche amici. Il carburante - secondo gli inquirenti - veniva rubato dai mezzi della società che, avendo un controllo a ore e non per chilometri, venivano lasciati accesi e poi falsificavano i documenti segnalando il consumo di carburante. Esempio emblematico, riscontrato dai carabinieri coordinati dal tenente Nicola Pilia, i 160.000 mila litri di gasolio usati per il tagliaerba per i lavori di giardinaggio, in pratica 16 litri l'ora. Inoltre dall'Igea sarebbero state rubate lamiere, piastrelle, reti metalliche, ghiaia, tubi innocenti, ricambi per auto, infatti i mezzi aziendali venivano smontati a seconda delle richieste.
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