Alle 14 l'udienza in Tribunale è terminata. Un veloce salto a casa, la toga lanciata sulla sedia, il borsone sulla spalla, le chiavi dell'auto in mano. Mezz'ora dopo gli strumenti di lavoro dell'avvocato sono fune, sacchi, guantoni, caschetto. E di fianco non ci sono più pm e giudici ma gli altri atleti coi quali fare sparring e il maestro che riempie di cazzotti quando la guardia è bassa. Più o meno contemporaneamente il radiologo e la bancaria compiono lo stesso percorso, lasciati in ospedale camice bianco e lastre e in ufficio le pratiche dei correntisti. Così il dietologo e il manager, il commercialista, il notaio e il docente universitario. Per non parlare di don Max Pusceddu, il prete-pugile di Vallermosa. Tutti sul ring, un mondo a parte dove le differenze sociali sono azzerate. Il pugilato si diffonde in strati sempre più larghi della società. Si allenano disoccupati e colletti bianchi, uomini e donne che vogliono tenersi in forma o anche solo aumentare l'autostima, perché "saper dare un pugno può sempre servire", dicono gli allenatori.

"CONSIGLIATO A TUTTI" - "Mi sfogo parecchio, sto meglio a livello psico fisico. Dovrebbe farlo ogni collega". Il parere di Ilaria Secci, avvocatessa, è indicativo di un movimento in crescita. Gli iscritti ufficiali alle palestre specializzate in Sardegna sono 402. Novanta gli amatori a Cagliari, 63 in provincia. Gli agonisti sono un'altra cosa e sono sottoposti a ben altre visite mediche. Trentanove le società affiliate alla federazione regionale, 7 a Cagliari e 12 in provincia.

LA COPPIA - "È uno sport molto fisico. Saranno l'uso del sacco, la parte tecnica con l'istruttore o il contatto con l'avversario, ma scarico tanta tensione". Rosa Maccioni è arrivata al pugilato 4 anni fa "in maniera casuale". Un lavoro al Banco di Sardegna a Pirri, sposata, una figlia, ha deciso di provare a boxare "convinta da mio marito. La palestra in cui andavo era chiusa per ferie, ho fatto un tentativo e sono rimasta. Ho benefici anche in ufficio. Magari lavorando solo di testa ho bisogno di lavorare di fisico, comunque mi sembra di buttar fuori ogni negatività della quotidianità". Fascette ai polsi, guantoni bianco-verdi sulle mani, sale sul ring e capita che il suo sparring partner sia proprio il marito Paolo Meloni, radiologo all'Oncologico: "Anche se esco stanco dall'ospedale, mi rilassa fisico e mente", spiega il medico, 58 anni, "mi sento più tranquillo. Scarico la tensione, sono meno aggressivo".

LA SFIDA - Corsa, piegamenti, corda, addominali, scambi. Si tonifica il corpo, si trova sicurezza, si cerca di battere la paura di essere inadeguati e di non poter reggere il confronto con l'avversario mentre gli altri ti guardano. "Devi sapere incassare, schivare, colpire al momento giusto", sottolinea l'avvocatessa Secci: "È ciò che facciamo tutti i giorni in Tribunale". Carlo Serra, 31 anni, amministratore delegato del centro commerciale I Mulini, ha iniziato "quest'anno", quasi "una scommessa tra amici", e ha scoperto "un fortissimo antidoto allo stress professionale, un momento di scarico totale e di sfida, fisica e col contesto". Oltre che uno "sport estremamente democratico: sul ring si confrontano sullo stesso piano professionisti e ragazzi meno fortunati".

DISCIPLINA - Via "giacca e cravatta", con i guantoni "si passa un'ora in cui è impossibile avere altri pensieri in testa", conferma il commercialista 32enne Umberto Ticca, "devi essere concentrato, attento a ogni colpo, alla tecnica. È uno stacco mentale totale e a livello fisico è molto impegnativo. A fine allenamento sono completamente scarico". Ma la boxe insegna anche "disciplina ed educazione", aggiunge il dietologo Pietro Senette, "ha regole ben precise, non scritte, che tutti rispettano. Servono volontà e sacrificio. Aiuta molto l'autostima, migliora i livelli ormonali determinanti nello stabilizzare l'umore, la capacità di controllarsi. Il corpo lavora in armonia e la giusta alimentazione è decisiva".

Andrea Manunza

© Riproduzione riservata