Dietro quella buccia gialla tutta bitorzoli e protuberanze si nasconde un piccolo tesoro. Certamente una delizia per il palato. Un dolce tramandato da generazioni, immancabile in matrimoni e battesimi a Siniscola e nell'alta Baronia. Una volta la scienza la chiamava Monstruosa e qualche motivo c'è. La pompìa non ha niente della bellezza di un'arancia o di un limone, è un agrume di gobbe e screpolature, pare il risultato di strani incroci di genetica vegetale. All'esame fascino sarebbe scartato al primo sguardo. Ma non è l'aspetto che conta, soprattutto quando si gustano prelibatezze come il candito (sa pompìa intrea) o s'aranzata. Entrate nelle eccellenze agroalimentari da proteggere, come ha fatto Slow Food inserendo nel 2004 l'agrume nei suoi presìdi, che sostengono le piccole produzioni di qualità a rischio scomparsa.

Questo frutto di colore giallo intenso cresce tra il Montalbo e il mare, ha una storia di secoli e un futuro tutto da scrivere. Soprattutto se si mantiene viva la passione di un gruppo di ragazzi, la classe quinta A del liceo scientifico Michelangelo Pira di Siniscola e del loro insegnante di italiano e latino, Sebastiano Lai. Tanto hanno fatto, studiato, discusso che si sono proiettati dai banchi di scuola al mondo delle imprese, presentando un serissimo progetto imprenditoriale sulla valorizzazione della pompìa, battezzato "Golden citrus pompìa".
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