L 'esonero ci sta, un'opzione sempre dolorosa ma i numeri sono impietosi. Il Cagliari volta pagina e lo fa (ri)assumendo due persone di peso, esperienza e carattere. Se lo sbarco di Capozucca è un ritorno in una piazza dove ha lavorato bene, fra la promozione dalla B e una trionfale salvezza, quello di Semplici impone delle riflessioni. E, sottovoce, dei consigli. Giulini ha fatto uno scelta dettata dal buon senso, portare a Cagliari un allenatore che sa usare la voce e il polso, abituato alle battaglie di bassa classifica e a sporcarsi le mani lontano dalle paillettes di San Siro e dintorni. Semplici, fiorentino, noto anche per quel simpatico vezzo di sfoggiare una capigliatura tendente al rosso, deve capire al volo dove è atterrato e cosa deve dare a un club in ginocchio e a una tifoseria stravolta. Si trova fra le mani una squadra di buon livello, calciatori titolari nelle loro nazionali e giovani dal futuro interessante, perfino qualche big del campionato. Ma questa squadra è confusa, ha paura di giocare, crolla nella seconda parte delle partite e non certo per problemi fisici. Semplici dovrà dare certezze, fiducia, cose semplici - perdonerete il gioco di parole - in un momento critico.

Il Cagliari ha quindici giornate per tirarsi fuori da questa situazione. Impensabile che il nuovo allenatore stravolga un equilibrio precario che Di Francesco stava trovando, con i suoi tempi, nelle ultime uscite. Le prime indiscrezioni ci raccontano di un 3-5-2 quasi “imposto” sul contratto.

Con Nainggolan che potrebbe sistemarsi davanti alla difesa e tre centrali che non badino all'eleganza delle giocate. Semplici non ha gli uomini per un reparto difensivo a quattro perché i terzini del Cagliari non sono dei difensori, ce ne siamo accorti un po' in ritardo e sicuramente lui - che in questi dodici mesi a spasso sostiene di aver visto tante partite ed essere aggiornatissimo - queste cose le sa. l giocatori del Cagliari hanno una grande possibilità, quella di scrivere i loro nomi nella storia di questo club che ha 101 anni di gloriosa esistenza: realizzare un'impresa, conquistare uno scudetto a mezzo secolo da quello pesantissimo del 1970. Sì, non parliamo del tricolore che si fermerà a Milano, ma di uno non meno importante, un posto nella prossima Serie A. Tutti insieme, armati di buon senso e lasciando da parte ventitré partite dove si è visto poco e niente. Pedalare, ragazzi, perché la Sardegna - nel calcio - si merita la prima classe.
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